Testimonianza dal Salvador: contro odio e violenza, mons. Romero, la Scuola della Pace, William Quijano

In un tempo in cui si parla della prossima beatificazione dell’arcivescovo martire Oscar Arnulfo Romero riportiamo questa testimonianza da San Salvador, le parole di Francisco Xxx:
“El Salvador è un piccolo paese del Centroamerica. Piccolo paese conosciuto per un grande uomo, l’arcivescovo di San Salvador, mons. Romero. Un arcivescovo, che adesso possiamo chiamare martire, che ha dato il suo sangue per difendere la povera gente, per cercare un dialogo tra i fratelli.
Come paese abbiamo sofferto più di 12 anni di guerra civile, una guerra tra fratelli, appunto. Una guerra tutti i salvadoregni hanno vissuto, in ogni angolo del paese. Mons. Romero ha lottato per fermare tutto questo, per cercare il dialogo tra due fazioni, la guerriglia e lo stato. 
E’ stato troppi anni dopo il suo assassinio, nel ’92, che abbiamo ricevuto il grande dono della pace. Nel ’92 è stato firmato un accordo tra guerriglia e stato, un accordo che doveva portare alla pace. E però troppa violenza era stata seminata, l’accordo è rimasto sulla carta. Perché purtroppo la guerra aveva lasciato in eredità una povertà enorme, e soprattutto sete di vendetta. Una sete di vendetta tra fratelli. Per più di 12 anni il paese era stato pieno di armi, pieno di odio, pieno di vendetta. La guerra genera povertà ed altra guerra.
Oggi possiamo dire che c’è una nuova guerra in Salvador, frutto di un’eredità di violenza e di odio. Una violenza diffusa, una violenza sempre tra fratelli. Una violenza tra fratelli più piccoli, perché adesso parliamo di una guerra tra giovani. Giovani della stessa terra, dello stesso posto, che lottano per un territorio. Sono delle bande criminali paramafiose, le pandillas, le maras, composte da giovani.
Però c’è qualcosa, c’è qualcuno che vuole lottare contro questa violenza, così come mons. Romero aveva lottato contro la guerra: la Comunità di Sant'Egidio è giunta anche da noi e ci ha portato le Scuole della Pace.
La Comunità ha capito che non bastava firmare un accordo, ma occorreva soprattutto cambiare il cuore e i pensieri. Cambiare i sentimenti di odio e di vendetta che la guerra ci aveva portato. Con le Scuole della Pace abbiamo iniziato a cambiare la mentalità di tanti bambini e di tanti giovani.
Abbiamo iniziato in un quartiere di San Salvador, in periferia, che si chiama Bambular. Nell’86. Adesso posso dire che non ci sono bande criminali in quel luogo. Perché? Perché, come ha detto il 1° gennaio papa Francesco, abbiamo avuto pazienza, abbiamo seminato con le Scuole della Pace, abbiamo avuto una visione del futuro, abbiamo lottato con fiducia.
In questa lotta, nel 2009, ho perso un grande amico, un amico che lottava a mani nude per portare la pace. Si impegnava perché i bambini avessero un futuro diverso, perché il mio paese, il suo paese, avesse un futuro diverso.
Lo hanno ucciso proprio per questo, perché cercava il dialogo, perché cercava di cambiare la mentalità di tanti, proprio come avevano ucciso Romero. Un ragazzo di 21 anni, di una delle cittadine più violente del Salvador, Apopa. Da lì vengo anch’io, da questo luogo pericoloso dove il pane di ogni giorno è l’odio, la violenza, la vendetta. 
In un paese così piccolo, di sei milioni di abitanti, ci sono giorni in cui vengono uccise 15-20 persone, ragazzi soprattutto. William è stato uno dei tanti giovani uccisi, ma William è morto per un grande sogno, il sogno della pace. 
Io gli sono grato per la sua testimonianza. Perché all’inizio pensavo: è molto facile pensare che non si può fare niente quando si vive in una situazione così, che non si può cambiare, che è meglio pensare a se stessi, che è meglio lasciare il paese. Per prima cosa salva la tua vita! 
Ma con la Comunità e con questi grandi esempi di vita e di martirio che ho visto, Romero, William, ho visto che si può pensarla in modo diverso, che si può sognare il futuro, che vale la pena di lottare per il dialogo, per cambiare i cuori, per cambiare la mentalità, per vincere l’odio e la vendetta”.

 

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