Abuja, Nigeria – Lavorare per la pace in un tempo di violenza

Un convegno di rappresentanti delle diverse comunità di Sant’Egidio in Nigeria, svoltosi alcuni giorni fa ad Abuja, la capitale del gigante africano, ha voluto riflettere sulle sfide che l’associazione ecclesiale vive nel paese ed in particolare sulla necessità di assumersi la responsabilità di testimoniare e comunicare la pace pur in un contesto segnato sia dalla violenza diffusa, sia – e soprattutto – dalla minaccia del movimento Boko Haram, le cui operazioni terroristiche si fanno scudo di un vocabolario religioso.
Ci si è chiesto come garantire un futuro di pace alla Nigeria, come costruire rapporti di amicizia e stima reciproca coi leader religiosi, coi membri delle diverse confessioni, coi giovani, come essere un seme di dialogo e di una prospettiva unitiva e compassionevole nei confronti della società.
Le comunità nigeriane intendono vivere tutto intero il mandato che papa Francesco ha affidato a Sant’Egidio in occasione della sua visita alla Comunità a Roma il 15 giugno scorso, mettendo in pratica le 3 “p” cui il pontefice aveva fatto cenno: “Andate avanti su questa strada: preghiera, poveri e pace. E camminando così aiutate a far crescere la compassione nel cuore della società, a far crescere l’amicizia al posto dei fantasmi dell’inimicizia e dell’indifferenza”.

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La Comunità di Sant’Egidio continua la sua battaglia in difesa della vita e per l’abolizione della pena di morte

La Comunità di Sant’Egidio, ovunque nel mondo, continua a spendersi tenacemente in difesa della dignità e del valore della vita umana, e per l’abolizione della pena di morte.

Sant’Egidio ha partecipato a metà giugno al V Congresso della “World Coalition Against the Death Penalty” – rete che unisce le principali associazioni che lottano per l'abolizione della pena capitale, ma anche esponenti dell’opinione pubblica mondiale, politici, giuristi e giornalisti -; ha riaffermato, per bocca del proprio presidente, Marco Impagliazzo, che “spegnere la vita significa spegnere la speranza”, ha protestato per la fine della moratoria in Pakistan e per le ultime esecuzioni capitali in Nigeria.

Come ha scritto Henry Ezike, responsabile delle comunità nigeriane di Sant’Egidio, “la vita è un dono sacro che viene da Dio: ogni uomo dev’essere amato e protetto, in tutte le circostanze […]. Nessuna vita può essere ripagata con la morte di un altro. Non c'è giustizia senza vita! […] Come comunità cattolica Sant'Egidio continuerà a promuovere l’abolizione della pena di morte, fino a quando essa non sarà bandita dalla storia dell’umanità”.

Non si tratta di un sogno irrealizzabile. Tante volte i grandi passi dell’umanità sono stati avviati da piccoli uomini, da forze apparentemente deboli e minoritarie, eppure capaci di interpretare qualcosa di profondo e di profetico.

E’ quanto accaduto, ad esempio, per l’abolizione della schiavitù nella prima metà dell’Ottocento. Una piccola minoranza creativa, essenzialmente composta di attivisti religiosi, riuscì a trasformare la maggiore comunità schiavista del mondo – l’Impero britannico – nella principale nazione emancipatrice. E questo nonostante la tratta e lo sfruttamento degli schiavi fossero estremamente redditizi. Ma la campagna per l’abolizione della schiavitù mise in moto un vero e proprio cambiamento collettivo delle coscienze. Replicato in migliaia di esemplari, ovunque possibile, il logo di quel movimento antischiavista – uno schiavo che diceva: “Non sono anch’io un uomo e un fratello?” – parlò con forza alla società tutta intera, toccò la cultura e la politica e le costrinse a rivedere le proprie consuetudini, le proprie posizioni.

Non è anche il condannato a morte un uomo? Questo è il motivo per cui Sant'Egidio promuove la giornata mondiale “Città per la vita – Città contro la Pena di Morte” il 30 novembre di ogni anno. La speranza è che, ancor più dell’anno scorso, tante altre città si uniscano a una battaglia di vita, di progresso, di umanità.

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