Il 1° dicembre scorso si è celebrata la Giornata Mondiale della lotta all’AIDS. Una lotta quanto mai attuale, da portare avanti con tenacia e vigore. Nonostante i progressi compiuti e il più sistematico utilizzo di farmaci antiretrovirali la pandemia resta una delle più frequenti cause di morte, in particolare nell’Africa subsahariana.
E’ dal 2002, proprio per rispondere a questo dramma, e per farlo lì, in Africa, dove esso maggiormente si manifesta, che la Comunità di Sant'Egidio ha ideato e messo in campo un programma sanitario ad hoc. Ovvero DREAM – Drug Resource Enhancement against AIDS and Malnutrition -, un modello di azione integrata secondo i migliori standard medici disponibili.
Sant’Egidio aveva allora sentito il dovere di raccogliere il silenzioso appello che si levava dai malati di tanti paesi africani, aveva inteso intervenire per garantire uno dei diritti umani più disattesi nei paesi in via di sviluppo, il diritto alla terapia.
Ecco dunque che – era il febbraio 2002 – un piccolo grande seme era piantato in Mozambico, a Machava (Maputo), il seme della cura dei malati di AIDS in terra africana, il seme della prevenzione della trasmissione verticale dell’HIV per salvare il futuro del continente.
Quel seme ha dato molti frutti. DREAM è oggi attivo in dieci paesi africani, 225.000 malati sono assistiti in 38 centri, 22.500 bambini sono nati sani, senza che il virus passasse dal latte materno nel loro fragile organismo, oltre un milione e mezzo di persone beneficiano direttamente o indirettamente dei vantaggi del programma. Non solo i malati, ma anche chi è coinvolto nei programmi di educazione sanitaria, i beneficiari della supplementazione nutrizionale, delle misure di prevenzione contro la malaria, della distribuzione di filtri per l’acqua, etc..
In un recente, bel reportage pubblicato sul “Corriere della Sera”, intitolato “Pellegrinaggio in Malawi”, Ettore Mo descrive proprio l’azione portata avanti da Sant’Egidio in alcuni centri DREAM del paese: “Il grande ‘rifugio’