Ojey (non è il suo nome, ma lo chiameremo così) è cresciuto in un tempo difficile per il Nord Uganda.
La guerra civile terrorizzava la popolazione, e le zone rurali, soprattutto di notte, erano ostaggio di violenze e sequestri. Per bambini e adolescenti gli incubi tornavano a ogni nuova notizia di rapimento. Ogni sera erano in centinaia a muoversi coi loro fagotti dai villaggi acholi per trovare una sistemazione più sicura nelle strade affollate di Gulu.
Ojey aveva sette anni. Abitava alle porte di Gulu con la famiglia e non aveva bisogno di spostarsi la notte. Almeno così credeva, fino a quando una sera i ribelli entrarono nella sua casa e gli uccisero i genitori.
Ojey non racconta molto di quanto accaduto quella notte, per vari anni si è chiuso in uno stretto riserbo.
Fatto sta che il bambino si ritrova da solo. Si aggira per le vie di Gulu, si arrangia come può. Si unisce ad altri bambini e ragazzi di strada.
Un giorno, però, si ferma davanti alla Scuola della Pace della Comunità di Sant’Egidio. Lo fa per curiosità. Ma poi sono tutti gentili con lui. Gli piace fermarsi, guardare quel che succede, fermarsi a leggere e a scrivere.
Alla Scuola della Pace diviene una presenza fedele, puntuale. Conosce pure gli amici italiani della Comunità e scrive loro frequentemente. In ogni lettera il suo inglese migliora e anche le sue parole e i suoi pensieri si fanno più chiari, come se uscissero da un passato buio e doloroso e guardassero a un futuro diverso.
Scrive: “Noi Giovani per la Pace di Gulu, in Uganda, siamo molto contenti di comunicare con voi tramite questa lettera. Come state? Noi bene. E con l’amicizia potremo crescere ancora. Vogliamo chiedervi: Come potremo crescere noi giovani di diverse parti del mondo? E come potremo rendere migliore il mondo? Da parte nostra noi lo facciamo attraverso le nostre riunioni sul Vangelo, le nostre preghiere, visitando i malati negli ospedali, i prigionieri, aiutando i poveri e gli anziani. Attraverso tutto questo potremo rendere migliore il mondo. Il mio sogno è cambiare il mondo, perché gli uomini non debbano più soffrire a causa della povertà e della violenza”.
Grazie all’aiuto ricevuto nell’ambito del programma di adozioni a distanza di Sant’Egidio, Ojey ha potuto iniziare a studiare, ha fatto progressi importanti. C’è stato molto da recuperare, ma lui si è impegnato tantissimo.
Per il resto c’è la grande passione del calcio, cui dedica il tempo libero, il tifo per il Chelsea – ma ai mondiali O. è un grande tifoso dell’Italia! -. Ma soprattutto la possibilità di un futuro diverso: a breve Ojey inizierà una scuola professionale per imparare a fare il meccanico.