Un convegno di rappresentanti delle diverse comunità di Sant’Egidio in Nigeria, svoltosi alcuni giorni fa ad Abuja, la capitale del gigante africano, ha voluto riflettere sulle sfide che l’associazione ecclesiale vive nel paese ed in particolare sulla necessità di assumersi la responsabilità di testimoniare e comunicare la pace pur in un contesto segnato sia dalla violenza diffusa, sia – e soprattutto – dalla minaccia del movimento Boko Haram, le cui operazioni terroristiche si fanno scudo di un vocabolario religioso.
Ci si è chiesto come garantire un futuro di pace alla Nigeria, come costruire rapporti di amicizia e stima reciproca coi leader religiosi, coi membri delle diverse confessioni, coi giovani, come essere un seme di dialogo e di una prospettiva unitiva e compassionevole nei confronti della società.
Le comunità nigeriane intendono vivere tutto intero il mandato che papa Francesco ha affidato a Sant’Egidio in occasione della sua visita alla Comunità a Roma il 15 giugno scorso, mettendo in pratica le 3 “p” cui il pontefice aveva fatto cenno: “Andate avanti su questa strada: preghiera, poveri e pace. E camminando così aiutate a far crescere la compassione nel cuore della società, a far crescere l’amicizia al posto dei fantasmi dell’inimicizia e dell’indifferenza”.
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La preghiera per la pace di Anversa rivissuta in tante parti del mondo
Se – come ha detto papa Francesco – l’attualità è tragicamente segnata da una guerra che si combatte a capitoli, a puntate, ha un senso che le comunità di Sant’Egidio nel mondo vivano lo spirito di Assisi in più luoghi, in successione, dando seguito all’immagine di pace, memoria e unità che viene dalla cerimonia al Grote Markt di Anversa, continuando a declinare in nuovi contesti il messaggio della Preghiera per la Pace del 9 settembre scorso, ben documentato sul sito della Comunità, www.santegidio.org..
Manifestazioni analoghe a quelle di Anversa si sono svolte in questi giorni in Messico, presso l’Università Iberoamericana, gestita dalla Compagnia di Gesù, avendo presente lo sfondo di violenza diffusa che insanguina la regione mesoamericana. In Camerun, dove leader cristiani e musulmani hanno voluto riaffermare l’impegno a vivere il dialogo e l’amicizia interreligiosi nonostante la minaccia fondamentalista di Boko Haram e fare memoria delle vittime dell'epidemia di Ebola. E ancora a Cuba, per la prima volta, in una cerimonia particolarmente suggestiva che ha ricalcato quella di Anversa e si è conclusa nella splendida cornice di Plaza de Belén, a La Habana Vieja.
E infine a Bukavu, nella Repubblica Democratica del Congo, in uno degli occhi del ciclone della tempesta violenta che scuote il mondo. Rappresentanti delle religioni e della società civile hanno partecipato alle tavole rotonde e alla cerimonia finale a Place de la Paix, affermando che la costruzione di una società pacifica è responsabilità di tutti.
Questo fin’ora, ma nuove preghiere per la pace sono in preparazione, lo spirito di Assisi continua a soffiare e diviene impegno da portare avanti per tutto l’anno che viene.
Sant’Egidio in festa con i musulmani più poveri in occasione dell’ ‘Id al Fitr
I musulmani di tutto il mondo hanno appena celebrato l’ ‘Id al Fitr, la festa della “rottura del digiuno”, che segna la fine del mese sacro di Ramadan, dedicato al digiuno, alla preghiera e al soccorso dei poveri.
La Comunità di Sant’Egidio ha espresso i propri auguri per questa ricorrenza a tutti i suoi amici musulmani, e ha voluto permettere la celebrazione dell’ ‘Id a quei poveri che non avrebbero avuto l’opportunità di farlo, tanto nel paesi musulmani, come in Indonesia – ed ecco la foto della festa dell’Iftar con i senza dimora, che pure in condizioni veramente difficili osservano scrupolosamente il digiuno -, quanto in Occidente – si veda la foto della cena di stile familiare che si è svolta nel Centro di Identificazione ed Espulsione di Ponte Galeria -.
“Grazie perché pensate a noi: siamo fratelli, cristiani e musulmani”, ha detto commosso un ragazzo egiziano in stato di fermo a Ponte Galeria.
E’ il senso, in effetti, di questo gesto di amicizia, vissuto in varie forme anche in altre parti del mondo dalle locali famiglie di Sant’Egidio, nello spirito del messaggio inviato qualche giorno fa, proprio per l’ ‘Id al Fitr, dal Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso: “Lavoriamo insieme per costruire ponti di pace e promuovere la riconciliazione. Possa la nostra amicizia ispirarci sempre a cooperare nell’affrontare le numerose sfide [che abbiamo di fronte] con saggezza e prudenza. In tal modo potremo aiutare a ridurre le tensioni e i conflitti, facendo progredire il bene comune. Dimostreremo pure che le religioni possono essere sorgente di armonia a vantaggio di tutta la società. Preghiamo che la riconciliazione, la giustizia, la pace e lo sviluppo rimangano le nostre prime priorità, per il benessere ed il bene dell’intera famiglia umana”.
Sant’Egidio lavora per costruire ponti di rispetto e di pace tra le religioni
Nei giorni scorsi Pakistan e Kenya sono stati insanguinati da una violenza che si è definita ‘religiosa’. L’Asia e l’Africa, continenti in cui fedi diverse vivono fianco a fianco da secoli, sono tra le aree del pianeta chiamate a disegnare i tratti del futuro. Sarà possibile vivere insieme tra genti differenti per credo e tradizioni?
Di fronte al sangue versato, alla sfida che la violenza e un terrorismo di matrice religiosa pongono alla civile convivenza e alla coscienza del credente, di chi sa che ‘Pace’ è uno dei nomi di Dio, la risposta, come ha voluto sottolineare anche papa Francesco, è quella della preghiera, del dialogo, della costruzione di ponti.
Concludendo la sua visita pastorale a Cagliari, informato dell’attentato di Peshawar, in Pakistan, il papa ha esortato a edificare “un mondo migliore e di pace”: “Oggi in Pakistan, per una scelta sbagliata, di odio, di guerra, sono morte 70 persone. Questa strada non va, non serve. Solo la strada della pace serve, che costruisce un mondo migliore. Ma se non lo fate voi non lo farà un altro. Questo è il problema, e questa è la domanda che vi lascio”. E ha aggiunto: “La Madonna ci aiuti sempre a lavorare per un mondo migliore, a prendere la strada della costruzione, la strada della pace, e mai la strada della distruzione e la strada della guerra”.
E’ la strada che la Comunità di Sant’Egidio sente di percorrere. Guardando al prossimo appuntamento di preghiera per la pace, “Il coraggio della speranza”, che si terrà a Roma dal 29 settembre al 1° ottobre. E a un lungo lavoro, svolto negli anni, di costruzione di rispetto reciproco, di vicinanza, di collaborazione, tra uomini e donne di diverse religioni, ma in particolare tra cristiani e musulmani.
Guardiamo, per fare qualche esempio, a quanto organizzato dalle comunità di Sant’Egidio in tanti contesti, europei, asiatici e africani nel mese di Ramadan, tra luglio e agosto scorsi, e citiamo dal sito, www.santegidio.org.
In Pakistan: “A Sargodha è stata preparata una cena di ‘Id al-Fitr con anziani e bambini poveri. Erano circa 70 invitati, molti hanno benedetto la Comunità che ogni anno si ricorda di loro per la festa. Anche a Lahore, recentemente teatro di violenze contro i cristiani, Sant'Egidio ha vissuto questo segno di pace e di riconciliazione”.
E in Indonesia: “Il mese di Ramadan è un mese benedetto per i musulmani. Come negli anni precedenti la Comunità di Jakarta ha organizzato un evento congiunto per gli amici di strada e i bambini della Scuola della Pace. La grande festa si è tenuta nella Biblioteca Nazionale. E a ogni amico di strada sono stati donati gli abiti per la preghiera: parei per gli uomini e mukenah per le donne”.