Sant’Egidio lavora per costruire ponti di rispetto e di pace tra le religioni

Nei giorni scorsi Pakistan e Kenya sono stati insanguinati da una violenza che si è definita ‘religiosa’. L’Asia e l’Africa, continenti in cui fedi diverse vivono fianco a fianco da secoli, sono tra le aree del pianeta chiamate a disegnare i tratti del futuro. Sarà possibile vivere insieme tra genti differenti per credo e tradizioni?
Di fronte al sangue versato, alla sfida che la violenza e un terrorismo di matrice religiosa pongono alla civile convivenza e alla coscienza del credente, di chi sa che ‘Pace’ è uno dei nomi di Dio, la risposta, come ha voluto sottolineare anche papa Francesco, è quella della preghiera, del dialogo, della costruzione di ponti. 
Concludendo la sua visita pastorale a Cagliari, informato dell’attentato di Peshawar, in Pakistan, il papa ha esortato a edificare “un mondo migliore e di pace”: “Oggi in Pakistan, per una scelta sbagliata, di odio, di guerra, sono morte 70 persone. Questa strada non va, non serve. Solo la strada della pace serve, che costruisce un mondo migliore. Ma se non lo fate voi non lo farà un altro. Questo è il problema, e questa è la domanda che vi lascio”. E ha aggiunto: “La Madonna ci aiuti sempre a lavorare per un mondo migliore, a prendere la strada della costruzione, la strada della pace, e mai la strada della distruzione e la strada della guerra”.
E’ la strada che la Comunità di Sant’Egidio sente di percorrere. Guardando al prossimo appuntamento di preghiera per la pace, “Il coraggio della speranza”, che si terrà a Roma dal 29 settembre al 1° ottobre. E a un lungo lavoro, svolto negli anni, di costruzione di rispetto reciproco, di vicinanza, di collaborazione, tra uomini e donne di diverse religioni, ma in particolare tra cristiani e musulmani.
Guardiamo, per fare qualche esempio, a quanto organizzato dalle comunità di Sant’Egidio in tanti contesti, europei, asiatici e africani nel mese di Ramadan, tra luglio e agosto scorsi, e citiamo dal sito, www.santegidio.org. 
In Pakistan: “A Sargodha è stata preparata una cena di ‘Id al-Fitr con anziani e bambini poveri. Erano circa 70 invitati, molti hanno benedetto la Comunità che ogni anno si ricorda di loro per la festa. Anche a Lahore, recentemente teatro di violenze contro i cristiani, Sant'Egidio ha vissuto questo segno di pace e di riconciliazione”.
E in Indonesia: “Il mese di Ramadan è un mese benedetto per i musulmani. Come negli anni precedenti la Comunità di Jakarta ha organizzato un evento congiunto per gli amici di strada e i bambini della Scuola della Pace. La grande festa si è tenuta nella Biblioteca Nazionale. E a ogni amico di strada sono stati donati gli abiti per la preghiera: parei per gli uomini e mukenah per le donne”.

 

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La Comunità di Sant’Egidio continua la sua battaglia in difesa della vita e per l’abolizione della pena di morte

La Comunità di Sant’Egidio, ovunque nel mondo, continua a spendersi tenacemente in difesa della dignità e del valore della vita umana, e per l’abolizione della pena di morte.

Sant’Egidio ha partecipato a metà giugno al V Congresso della “World Coalition Against the Death Penalty” – rete che unisce le principali associazioni che lottano per l'abolizione della pena capitale, ma anche esponenti dell’opinione pubblica mondiale, politici, giuristi e giornalisti -; ha riaffermato, per bocca del proprio presidente, Marco Impagliazzo, che “spegnere la vita significa spegnere la speranza”, ha protestato per la fine della moratoria in Pakistan e per le ultime esecuzioni capitali in Nigeria.

Come ha scritto Henry Ezike, responsabile delle comunità nigeriane di Sant’Egidio, “la vita è un dono sacro che viene da Dio: ogni uomo dev’essere amato e protetto, in tutte le circostanze […]. Nessuna vita può essere ripagata con la morte di un altro. Non c'è giustizia senza vita! […] Come comunità cattolica Sant'Egidio continuerà a promuovere l’abolizione della pena di morte, fino a quando essa non sarà bandita dalla storia dell’umanità”.

Non si tratta di un sogno irrealizzabile. Tante volte i grandi passi dell’umanità sono stati avviati da piccoli uomini, da forze apparentemente deboli e minoritarie, eppure capaci di interpretare qualcosa di profondo e di profetico.

E’ quanto accaduto, ad esempio, per l’abolizione della schiavitù nella prima metà dell’Ottocento. Una piccola minoranza creativa, essenzialmente composta di attivisti religiosi, riuscì a trasformare la maggiore comunità schiavista del mondo – l’Impero britannico – nella principale nazione emancipatrice. E questo nonostante la tratta e lo sfruttamento degli schiavi fossero estremamente redditizi. Ma la campagna per l’abolizione della schiavitù mise in moto un vero e proprio cambiamento collettivo delle coscienze. Replicato in migliaia di esemplari, ovunque possibile, il logo di quel movimento antischiavista – uno schiavo che diceva: “Non sono anch’io un uomo e un fratello?” – parlò con forza alla società tutta intera, toccò la cultura e la politica e le costrinse a rivedere le proprie consuetudini, le proprie posizioni.

Non è anche il condannato a morte un uomo? Questo è il motivo per cui Sant'Egidio promuove la giornata mondiale “Città per la vita – Città contro la Pena di Morte” il 30 novembre di ogni anno. La speranza è che, ancor più dell’anno scorso, tante altre città si uniscano a una battaglia di vita, di progresso, di umanità.

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