Il mio sogno: un mondo senza pena di morte e senza violenza!Giovani per la pace e Universitari di Sant’Egidio per la Giornata mondiale contro la pena di morte

Giovani per la Pace della Comunità di Sant'Egidio la bandQualche centinaio di studenti liceali e universitari romani hanno risposto all’invito dei Giovani per la pace e degli Universitari di Sant’Egidio partecipando all’incontro “City for life – Per un mondo senza violenza” presso l’ITIS "Galilei". 
All’incontro ha offerto la sua testimonianza Rais Buhiyan, giovane statunitense originario del Bangladesh, colpito da un attentato a sfondo razziale. Nel clima di paura scaturito dall’11 settembre 2001, Rais è stato gravemente ferito con un colpo di pistola da Marck Stroman, appartenente a un gruppo di estrema destra che vendicava le vittime delle Torri gemelle uccidendo cittadini musulmani. La risposta di Rais non è stata la vendetta: egli si è battuto perché venisse concessa la grazia al suo attentatore, condannato a morte.
Ha detto Rais: “Anche se Marck ha provato a uccidermi, volevo salvargli la vita. Quello che ha fatto veniva dalla rabbia e uccidendolo non avremmo toccato le cause profonde di quel gesto: odio, rabbia, paura, ignoranza. Vivendo, Marck sarebbe divenuto una persona migliore e avrebbe parlato ad altri”. Gli sforzi di Rais non sono bastati e Marck è stato giustiziato. Ma il perdono è stato più efficace della vendetta, tanto che prima dell’esecuzione Marck ha chiamato Rais “fratello” e ha detto di volergli bene. 
Al termine di una testimonianza vibrante, Rais ha chiesto a tutti di impegnarsi per un mondo senza razzismo e violenza.
Il messaggio è stato raccolto dai Giovani per la pace, che nei loro interventi hanno espresso il desiderio di far vincere la speranza sulla paura. Dall’incontro è sorta infatti la proposta di un impegno più determinato contro il razzismo e l’antisemitismo nelle scuole e nelle università romane. “City for life – Per un mondo senza violenza” ha rappresentato il momento culminante di una serie di conferenze, lezioni e tavole rotonde che si sono svolte nei principali istituti e atenei della città.
iovani per la Pace Comunità di Sant'Egidio per un mondo senza pena di morteMentre i romani esprimevano il loro sdegno per i recenti episodi di antisemitismo, i Giovani per la pace e gli Universitari di Sant’Egidio si sono mobilitati, contrastando con la forza della cultura il razzismo e la violenza.
L’incontro dei Giovani per la Pace e degli Universitari di Sant’Egidio è stato arricchito dal collegamento con l’ITIS “Giorgi” di Brindisi. Dopo il terribile attentato che ha ucciso Melissa Bassi è nata una forte amicizia tra giovani romani e pugliesi. “Grazie a Sant’Egidio si sono ridotte le distanze tra il sud e il nord”, ha osservato una docente. Mentre uno studente ha affermato con convinzione: “Dopo la paura c’è la speranza. La speranza di crescere e migliorare. Anche se siamo una piccola goccia in un grande oceano, siamo pieni di passione e volontà per costruire un mondo migliore!”.
Il messaggio di "City for life – Per un mondo senza violenza" è stato rilanciato dalla musica delle band del movimento musicale Sounds for Peace, che hanno accompagnato con le loro note l’incontro e promosso il concorso Play Music Stop Violence.

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Giovani europei in cammino per un mondo senza violenza e senza razzismo. A Budapest, con Sant’Egidio

Giovani europei in marcia per un mondo senza violenzaIl 17 novembre i Giovani per la Pace hanno compiuto una nuova tappa per la costruzione di un mondo senza violenza e senza razzismo.
Studenti liceali e universitari si sono dati appuntamento a Budapest, in Ungheria, a due mesi dal pellegrinaggio ad Auschwitz.
All’incontro hanno partecipato giovani di Budapest e Pécs, ma anche rappresentanti da Brno (Repubblica Ceca) e da Bratislava (Slovacchia). 
Dopo la visita della città, i Giovani per la Pace si sono recati sulle sponde del Danubio, sul luogo dove nel 1944 le Croci frecciate fuicilarono centinaia di ebrei. Giovani ungheresi, cechi e slovacchi, insieme, hanno reso omaggio alle vittime dell’antisemitismo, sostando in silenzio davanti al monumento che ne ricorda la morte e ascoltando un brano dell’autobiografia di György Konrád, sopravissuto da bambino alle persecuzioni razziali. Infine, due bambini hanno deposto sulla riva dei fiori, segno di pace e speranza.
Nel pomeriggio i giovani si sono riuniti in assemblea per ascoltare il saluto videoregistrato di Béla Varga, sopravissuto alla Shoah da bambino, e diversi racconti dai vari paesi che testimoniano la crescita del movimento dei Giovani per la pace dopo il pellegrinaggio ad Auschwitz. L’incontro è stata anche occasione per fare festa insieme, cantare e guardare con fiducia il futuro.

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16 ottobre 1943: una data da non dimenticare

Marcia 16 ottobre - Comunità di Sant'EgidioCi sono date, eventi che non si possono dimenticare. Una di queste è il 16 ottobre 1943, il giorno della grande razzia degli ebrei romani. Fare di questa data una memoria cittadina condivisa è stato un impegno che la Comunità di Sant’Egidio ha fatto suo ormai da molti anni. Ne è prova la marcia che ogni anno, il 16 ottobre parte da Trastevere verso il Portico d’Ottavia, percorrendo a ritroso il percorso che le SS fecero fare agli ebrei romani prelevati all’alba dalle loro case nell’antico ghetto. L’azione congiunta di Sant’Egidio e della comunità ebraica di Roma ha fatto sì che quel luogo porti il nome di Largo 16 ottobre 1943. 

La memoria è un dovere tanto più quando, con il passare degli anni, le voci vive dei testimoni vengono a mancare. Proprio pochi giorni fa, il 1 ottobre, si è spenta quella di Shlomo Venezia, uno dei più infaticabili testimopni dell’orrore dell’olocausto.  E’ urgente quindi, passare alle giovani generazioni, il testimone dell amemoria. Il recente pellegrinaggio di circa 2000 giovani europei as Auschwitz, organizzato dalle Comunità di Sant’Egidio dei paesi dell’Est Europa, è un segno di grand eincoraggiamento.

Ma lo è anche il recente evento "Siamo tutti romani", che ha visto circa 500 giovani – studenti liceali e universitari – riuniti a Roma nella Sala del Centro Agesci, per dire no alla violenza dei pregiudizi, dell’antisemitismo, del razzismo. I giovani hanno ascoltato attoniti e commossi le parole di Rita Prigmore, donna del popolo sinto, che ha fatto l’esperienza del lager, e che ha subito sul proprio corpo gli esperimenti dei medici nazisti.

Per questo vogliamo ricordare oggi, alla vigilia di quel 16 ottobre, un’altra voce, quella di Settimia Spizzichino, l’unica donna che sopravvisse a quel 16 ottobre e, tornata da Auschwitz, fece della parola e della testimonianza incessante la ragione della sua vita e un’arma formidabile contro il male assoluto dell’antisemitismo e di ogni razzismo. Diceva Settimia: 

Settimia Spizzichino - Comunità di Sant'Egidio"Ci sono cose che tutti vogliono dimenticare. Ma io no. Io della mia vita voglio ricordare tutto, anche quella terribile esperienza che si chiama Auschwitz: due anni in Polonia (e in Germania), due inverni, e in Polonia l’inverno è inverno sul serio, è un assassino.., anche se non è stato il freddo la cosa peggiore. Tutto questo è parte della mia vita e soprattutto è parte della vita di tanti altri che dai Lager non sono usciti. E a queste persone io devo il ricordo: devo ricordare per raccontare anche la loro storia. L’ho giurato quando sono tornata a casa; e questo mio proposito si è rafforzato in tutti questi anni, specialmente ogni volta che qualcuno osa dire che tutto ciò non è mai accaduto, che non è vero.  ….  Quarantotto donne eravamo, e sono uscita viva soltanto io. Molte di loro le ho viste morire, di altre so che fine hanno fatto. Come raccontare a una madre, a un padre, che la loro figlia di vent’anni è morta di cancrena per le botte ricevute da una Kapò? Come descrivere la pazzia di alcune di quelle ragazze a coloro che le amavano? Adesso molti dei genitori, dei fratelli, dei mariti, non ci sono più; le ferite non sono più così fresche. A quelli che restano spero di non fare troppo male. Ma adesso devo mantenere la promessa che ho fatto a quarantasette ragazze che sono morte ad Auschwitz, le mie compagne di lavoro. E a tutti gli altri milioni di morti dei Lager nazisti. Di quel gruppo faceva parte anche mia sorella Giuditta. Giuditta, così bella, così fragile, deportata assieme a me il 16 ottobre 1943".
(Dal libro "Gli anni rubati" di Settimia Spizzichino)

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In 2000 verso Auschwitz con Sant’Egidio

Giovani di Sant'Egidio, per un mondo senza violenzaMigliaia di giovani europei sono in partenza verso Auschwitz, in Polonia, per partecipare ad un grande incontro di riflessione sull’antisemitismo e dire no al razzismo e alla violenza che, anche se con volti diversi, sembrano riprendere spazio nelle nostre società colpite dalla crisi economica. Provengono da otto paesi, specialmente dell’Europa orientale: oltre all’Italia, Repubblica Ceca, Polonia, Romania, Russia, Slovacchia, Ucraina e Ungheria. E’ la terza edizione dell’Incontro Internazionale “Giovani europei per un mondo senza violenza”, organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio.

La proposta nasce dall’aver constatato, specialmente tra le giovani generazioni, un aumento degli episodi di violenza nei confronti delle minoranze e degli stranieri. Negli ultimi anni sembrano riemergere in modo preoccupante atteggiamenti antisemiti, di antigitanismo, xenofobia e razzismo, che sfociano spesso in atti criminali. Riappaiono bande neonaziste, si ripetono aggressioni contro contro rom e immigrati.

Da ciò l’importanza di visitare Auschwitz, luogo simbolo dell’orrore delle discriminazioni.  
I duemila giovani ascolteranno testimonianze commoventi di sopravvissuti dell’olocausto. Come quella di Rita Prigmore, donna sinta tedesca, sopravvisssuta allo sterminio nazista della seconda guerra mondiale che eliminò anche 500 mila zingari europei. Nel recente incontro “Uomini e religioni” a Sarajevo, Rita ha raccontato la sua storia dolorosa. Deportata con la famiglia, fu sottoposta agli esperimenti sui gemelli del dottor Mengele che causarono la morte della sorellina Rolanda. Scampata alla morte, ha vissuto negli Stati Uniti e recentemente è tornata in Germania per gestire un’organizzazione di sinti per la difesa dei diritti umani.

La visita ai luoghi della Shoah, le testimonianze e i tre giorni di riflessioni vogliono essere per i giovani un’occasione per rendere i giovani europei protagonisti della sfida decisiva per l’Europa: promuovere la cultura del convivere e riconoscere la dignità della differenza.   

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