Il 15 agosto, festa dell’Assunzione, la Comunità di Sant’Egidio di Roma si è riunita in una veglia di preghiera per la protezione e la salvezza dei cristiani perseguitati o minacciati in Iraq e in Siria.
Ci si è in tal modo uniti all’intenzione di preghiera promossa dalla Chiesa italiana in seguito all’aggravarsi della situazione nel nord dell’Iraq e ai numerosi appelli lanciati dallo stesso papa Francesco in difesa di chi è perseguitato a motivo della propria fede – “Ci lasciano increduli e sgomenti le notizie giunte dall’Iraq: migliaia di persone, tra cui tanti cristiani, cacciati dalle loro case in maniera brutale; bambini morti di sete e di fame durante la fuga; donne sequestrate; violenze di ogni tipo; distruzione di patrimoni religiosi, storici e culturali. Tutto questo offende gravemente Dio e l’umanità”, alcune tra le sue parole -.
La Comunità di Sant’Egidio segue da tempo la vita delle comunità cristiane in Medio Oriente, ed in particolare in Iraq. Negli anni Ottanta circa 10000 caldei – la Chiesa caldea, una delle più antiche della cristianità, è una delle chiese presenti nell’area -, che fuggivano dalla dittatura di Saddam Hussein e dalla guerra con l’Iran, sono stati aiutati dalla Comunità a trovare accoglienza nell’area mediorientale o in Occidente. Ma poi altre iniziative di solidarietà e di aiuto sono state portate avanti per i cristiani iracheni, in particolare a favore di ospedali e di centri per gli anziani, a Baghdad, a Karakosh, e in altre località. Memori di questa storia di vicinanza e di aiuto molti caldei erano presenti alla preghiera a San Bartolomeo, animando la veglia con i loro canti.
La scelta di San Bartolomeo all’isola Tiberina, memoriale dei martiri cristiani del nostro tempo, non è senza ragione. Nella Basilica sono conservate, tra le altre, le reliquie di due vittime della repressione anticristiana in Iraq: p. Raghid Ghanni, ucciso a Mosul il 3 giugno 2007 insieme a tre suddiaconi – la sua stola è stata posta sull’altare insieme alla Scrittura durante la celebrazione -, e mons. Bulos Faraj Raho, vescovo caldeo di Mosul, rapito e poi morto in prigionia nel marzo 2008.
La speranza è che questa preghiera, insieme alla mobilitazione e alla preghiera di tanti, fermi la violenza che si accanisce sui cristiani, sugli yazidi – una minoranza religiosa molto singolare presente nell’area -, sugli stessi musulmani – una quindicina tra imam e ulema sunniti, sono stati uccisi a Mosul per aver difeso i cristiani della città -, e possa aprire prospettive differenti. Si tratta di vincere la tentazione dell’indifferenza e della rassegnazione, di trovare strade di pace e di garanzia che salvaguardino una presenza plurale millenaria, una tradizione di convivenza mai così a rischio come oggi.