Che cos’è la comunità di Sant’Egidio

La Comunità di Sant’Egidio nasce a Roma nel 1968, all’indomani del Concilio Vaticano II, fondata da Andrea Riccardi. Oggi è un movimento di laici a cui aderiscono più di 60.000 persone, impegnato nella comunicazione del Vangelo e nella carità a Roma, in Italia e in 73 paesi dei diversi continenti. E’ "Associazione pubblica di laici della Chiesa". Le differenti comunità, sparse nel mondo, condividono la stessa spiritualità e i fondamenti che caratterizzano il cammino della Comunità di Sant’Egidio:

La preghiera
, che accompagna la vita di tutte le comunità a Roma e nel mondo e ne costituisce un elemento essenziale. La preghiera è il centro e il luogo primario dell’orientamento complessivo della vita comunitaria.
La comunicazione del Vangelo, cuore della vita della Comunità, che si estende a tutti coloro che cercano e chiedono un senso nella vita.
La solidarietà con i poveri, vissuta come servizio volontario e gratuito, nello spirito evangelico di una Chiesa che è "Chiesa di tutti e particolarmente dei poveri" (Giovanni XXIII).
L’ecumenismo, vissuto come amicizia, preghiera e ricerca dell’unità tra i cristiani del mondo intero.
Il dialogo, indicato dal Vaticano II come via della pace e della collaborazione tra le religioni, ma anche come modo di vita e come metodo per la riconciliazione nei conflitti. 

 

Il sito istituzionale, dove trovare tutte le informazioni, i contatti, i progetti, è www.santegidio.org

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L’Accordo di pace firmato nelle Filippine per Mindanao dice che è possibile vivere insieme

ilpresidente Noynoy Aquino con il presidente Impagliazzo e la delegazione di Sant'EgidioIeri l’annuncio ufficiale del presidente Benigno III Aquino. Il più grande paese cattolico dell’Asia offre un segnale per dire che è possibile vivere insieme tra etnie e religioni diverse.

Dopo oltre 40 anni di guerriglia, è stato raggiunto un accordo preliminare di pace fra il governo delle Filippine e il MILF, il maggior rappresentante della presenza musulmana del Paese. Il 15 ottobre prossimo sarà firmata a Manila una roadmap per stabilire un’amministrazione autonoma nell’isola di Mindanao, seconda isola dell’arcipelago, regione musulmana di un paese a maggioranza cattolica. L’accordo segue una lunga stagione di negoziati tra governo e ribelli del MILF- Moro Islamic Liberation Front della Malesia e un primo accordo, purtroppo fallito, raggiunto 20 anni fa. Nel lungo conflitto sono morte 100 mila persone e 2 milioni i profughi. 

La Comunità di Sant’Egidio, nell’ultimo anno, ha contribuito alla facilitazione dei contatti tra entrambe le parti, anche grazie ai numerosi rapporti che la Comunità ha nell’area del Sudest asiatico, in particolare con le grandi organizzazioni musulmane indonesiane. E’ noto che Sant’Egidio, nello scorso mese di aprile, ha firmato una accordo di collaborazione con la Muhammaddiyah, seconda maggior associazione musulmana indonesiana e ufficialmente membro del gruppo di contatto dei negoziati per la pace a Mindanado svoltisi in Malaysia. 

All’interno di questa collaborazione, i leaders del MILF, insieme al presidente della muhammaddiyah,  si sono recati a Roma presso la Comunità di Sant’Egidio, circa un anno fa, mentre una delegazione della Comunità, guidata dal presidente Marco Impagliazzo, lo scorso aprile a Manila ha incontrato Benigno III Noynoy-Aquino e i suoi più stretti collaboratori, tra cui il ministro per la pace, Teresita Deles.
Quello che ci si aspetta dalla Comunità, da entrambe le parti, è un sostegno all’implementazione del trattato di pace, con un’azione a livello della società civile.

Una guerra poco conosciuta quella di Mindanao, e forse dimenticata dall’Europa. La vicenda riapparve nelle cronache italiane nel 2007 con il rapimento di padre Giancarlo Bossi, missionario del Pime, per 40 giorni prigioniero dei guerriglieri nella foresta dell’isola. Una vita spesa nelle Filippine quella del “gigante buono” di Abbiategrasso (il suo metro e 90 svettava sulle piccole stature locali), vissuto per oltre 30 anni tra i villaggi di Mindanao resi ancora più poveri dalla lunga guerra con Manila. “Sono stato sequestrato fisicamente, ma sono troppi coloro che sono sotto sequestro della povertà" aveva detto dopo il rapimento. Gravemente malato, padre Bossi è morto in Italia il mese scorso. Gioirà “dall’alto” anche lui per per la sua amata Mindanao.

 

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Nella periferia di un mondo violento – Il ricordo di William Quijano

Nei giorni in cui a Roma si teneva l’incontro internazionale “Il coraggio della speranza”, ennesima tappa del lungo percorso di pace dello spirito di Assisi, cadeva il quarto anniversario del sacrificio di William Quijano, fratello della comunità di Sant’Egidio di Apopa (San Salvador), ucciso il 28 settembre 2009 in circostanze misteriose, probabilmente per mano di una delle maras che imperversano nel piccolo paese centroamericano. Quelle stesse maras cui lui cercava con il suo lavoro civile – era promodor sportivo per il comune di Apopa – e con il suo impegno solidale – tramite la Scuola della Pace di Sant’Egidio – di sottrarre il cuore dei più giovani.
El Salvador “vanta” uno dei tassi di violenza più alti dell’America Latina. A partire dagli anni ’90 – dopo la fine della “guerra civile” tra governo e guerriglia – nel paese si sono diffuse le maras, bande nate inizialmente tra i ragazzi emigrati a Los Angeles, che, tornati in patria, hanno cominciato a spartirsi il territorio, in particolare le zone urbane. Oggi le maras arruolano e iniziano alla violenza decine di migliaia di adolescenti. E questa è anche la condizione di Apopa, il sobborgo alla periferia della capitale in cui viveva William.
E’ in questo contesto che si colloca l’azione della Comunità di Sant’Egidio del Salvador, che ha dato frutti nella prevenzione della violenza e nella trasformazione della vita dei giovani. Molti volontari si impegnano nella Scuola della Pace. Tra questi era anche William. Con i fratelli e le sorelle della Comunità voleva creare uno spazio pacificato, per studiare, giocare, diventare amici, imparare a rispettare chi è diverso. 
William amava la vita, e in modo amichevole attraeva tanti giovani e bambini alla Scuola della Pace, sapendo che erano tutte adesioni strappate alle “maras”. La sua azione spezzava la catena della violenza. E questo dava fastidio a chi voleva che tutto rimanesse uguale e che i giovani facessero il male o chinassero la testa. William ha vissuto l’amore per la pace fino al sangue
La scelta di questo giovane figlio di un continente giovane parla ancora. La sua vicenda spinge a credere che si può costruire un’America Latina migliore
Per tanti versi il continente è un mondo periferico, che vive la fascinazione del mondo “affluente” degli Stati Uniti, e che, non potendo replicarne lo stile di vita, finisce per copiarne gli aspetti estremi e contraddittori, la violenza e l’individualismo. Ma ancora più periferico è il mondo di Apopa, e quello dei giovani violenti e impauriti che lo abitano.
Ebbene, in questa periferia della storia, in questa periferia esistenziale, come amerebbe dire papa Francesco, William ha davvero vissuto il coraggio della speranza. Speranza in un mondo diverso, speranza in una periferia che riscoprisse la centralità del cuore.
Ed è stato bello che la sua vita, la sua testimonianza, siano state ricordate al convegno di Roma proprio da Jesus Delgado, già segretario particolare di mons. Romero e suo primo biografo. Come egli ha voluto dire in una delle tavole rotonde di Roma 2013, l’esempio di William è simbolo di “un’America della speranza”, espressione della fede dei discepoli di un Dio che “vive nella città” anche nelle più difficili, anche nelle più violente. Tale esempio si colloca bene in un tempo in cui papa Francesco chiama ad uscire da sé e a muoversi verso le periferie del mondo.

 

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Bujumbura, Burundi – Gli anziani al centro dell’impegno di Sant’Egidio nel paese

Il 1° ottobre scorso si è celebrata la Giornata Internazionale degli Anziani, istituita dalle Nazioni Unite nel 1990. In tale occasione la Comunità di Sant’Egidio del Burundi ha riunito tutti i soggetti – istituzionali e non – interessati alla condizione anziana per riflettere sulla protezione sociale della terza età in Burundi. 
Il Burundi è uno dei paesi più giovani del mondo, con un indice di fertilità di 6,4 figli per donna e un tasso di crescita della popolazione del 3,1%. Al tempo stesso l’allungamento dell’età media, il miglioramento delle condizioni di vita, etc., fanno prevedere che nei prossimi decenni si produrrà, e in modo molto veloce, un generale invecchiamento della popolazione. E’ quindi importante che gli attori della vita nazionale burundese valutino realtà e prospettive dell’età anziana nel paese. Si tratta di mettere in campo una visione per il futuro. 
Al centro della conferenza organizzata da Sant’Egidio sono state la protezione sociale degli anziani in Burundi e la mentalità che li circonda. 
Oggi l’assistenza agli anziani si svolge in gran parte a partire da una rete domestica. La stragrande maggioranza della popolazione del Burundi non ha alcuna possibilità di andare in pensione, nel senso che si dà al termine nel Nord del mondo: Le pensioni sono limitate ai funzionari pubblici e ad alcuni dipendenti del settore privato. Ma anche per quel che riguarda la salute il welfare burundese non garantisce gli anziani. Occorrerà dunque “sensibilizzare la nazione” verso una maggiore tutela della condizione anziana, costruire uno sguardo più “simpatico” nei confronti dei vecchi burundesi, come si diceva già nel febbraio scorso in un analogo workshop che vedeva la presenza di mons. Matteo Zuppi. Perché, lungi dall’essere un problema o un peso, gli anziani sono – come titolava la sua relazione di alcuni mesi fa – "una risorsa per la società", perché è ora di costruire – o di rinsaldare – "un’alleanza tra generazioni".

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Roma 2013 nel segno di una pacifica “rivolta” della speranza

Nei giorni scorsi a Roma, alla cerimonia inaugurale nell'Auditorium di V. della Conciliazione, a pochi passi da S. Pietro, ma poi nelle diverse ed affollatissime tavole rotonde in giro per la città, nonché alla cerimonia finale, nella splendida e suggestiva cornice del Campidoglio, si sono sottolineati il valore e la forza della speranza, si è vissuta una pacifica “rivolta” della speranza.
Rivolta contro ogni pessimismo e rassegnazione, contro ogni tentazione di abbandonare il campo alla disperazione e all’inquinamento di antiche tradizioni religiose. Una rivolta organizzata dalla Comunità di Sant'Egidio, messa in atto da un composito, multicolore, popolo di uomini e di donne di ogni credo, i protagonisti dell’incontro "Il coraggio della speranza", nuova tappa del pellegrinaggio dello Spirito di Assisi.
Già il primo giorno del meeting Andrea Riccardi aveva ricordato come le religioni rappresentino una riserva di speranza in un mondo segnato dalla drammatizzazione, che fa girare a vuoto, che porta all’inazione o alla paura. Davanti alle immagini tragiche o terribili che giungono dalla Siria, dall'Iraq, dal Pakistan, dal Kenya, il credente sa che deve preservare una speranza, che deve alimentare la speranza. Cancellando il nome santo di Dio dalla bocca dei violenti. Ovvero sottraendo adepti al fascino della violenza, educando alla pace, al rispetto e all'apprezzamento reciproci.
L'incontro di Roma si è configurato allora come "uno spettacolo di speranza che contrasti lo spettacolo del terrore che vediamo sugli schermi televisivi e talvolta nella vita". Si tratta, infatti, di coltivare una visione del futuro, al di là del pessimismo indotto dalla crisi economica. Si tratta di continuare ad avere un sogno, anche quando gli uomini vivono gli incubi di una storia difficile. 
Un compito certamente non semplice, e grande, in un tempo che sembra l'“inverno della speranza”, dice il fondatore di Sant’Egidio, "ma le religioni insegnano che Dio è ancora più grande". E che “la speranza non è mai perduta: la si ritrova nel fondo del pozzo dello spirito, di una vita vissuta con la pace nel cuore”.
Papa Francesco, ricevendo i protagonisti dell’incontro in Vaticano, lunedì 30 settembre, ha fatto eco a tali sentimenti. E ha incoraggiato a vivere con fiducia e perseveranza la missione di testimoniare la speranza, di essere “artigiani della pace”: “Il dialogo dà speranza. Speranza! Nel mondo, nelle società, c'è poca pace anche perché manca il dialogo. Il dialogo è la via della pace. Per questo è vitale che cresca, che si allarghi tra la gente di ogni condizione e convinzione come una rete di pace che protegge il mondo, e soprattutto i più deboli”.

 

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Muovi l’Italia, cambia il mondo: anche la Comunità di Sant’Egidio al Forum della Cooperazione Internazionale

Con molta attenzione seguiamo i lavori del Forum della Cooperazione Internazionale, voluto dal ministro Andrea Riccardi. Il Forum, che si è aperto questa mattina a Milano, rappresenta un momento di incontro e confronto tra quella che il ministro Riccardi ha definito "l’Italia migliore": quella delle ONG, delle associazioni, dei singoli che da anni, spesso tra mille diffiocltà, lavorano per promuovere la solidarietà, e sono il volto bello dell’Italia nel mondo. Oggi, come hanno sottolineato non solo il ministro, ma anche il premier Mario Monti e il presidente Napolitano, lo sviluppo dell’Italia dipende anche dal sostegno che le istituzioni sapranno dare a questa componente italiana – in larga parte giovaniele femminile – a cui va tutta la nostra simpatia.

Il Forum è trasmesso in streaming dall’AGI, sul sito:http://www.agi.it/politica/forum-cooperazione-internazionale

Si possono seguire i lavori anche con la diretta TWITTER, sul canale @Forumcoopint  o con l’hashtag   #forumcooperazione

   La Comunità di Sant’Egidio partecipa attivamente ai lavori del Forum. Segnaliamo in particolare il contributo sul programma DREAM 

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Goma, Rep. Dem. del Congo – Le foto di Floribert Bwana Chui bambino e giovane

La Commissione Diocesana che segue la fase preliminare del processo di beatificazione per martirio di Floribert Bwana Chui ha già raccolto una decina di testimonianze sulla sua vita e sulla sua morte, causata dal rifiuto di una proposta di corruzione. 

Raccolte nel contempo le foto della sua infanzia e della sua giovinezza.

Ne proponiamo qui alcune, a quatro anni con l'immagine di Giovani Paolo II, a cinque anni con un fratello minore, a dieci anni con la famiglia per un battesimo, a 18 anni con la madre. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Le nuove responsabilità delle religioni nel mondo globalizzato

I giorni di Sarajevo volgono al termine. Questa città bella e complessa – davvero l’ immagine di un mondo dove, recita il titolo dell’incontro organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio, "Living together is the future" – ha ospitato il popolo di Sant’Egidio per l’annuale incontro nello "Spirito di Assisi". Una pacifica "invasione" di giovani e famiglie da tutta Europa e di centinaia di rappresentanti delle grandi religioni mondiali.

Andrea Riccardi, fondatore della Comunità, e attualmente ministro della Cooperazione internazionale e dell’Integrazione nel governo Monti, nel tracciare un bilancio di questi tre giorni, afferma che il valore di questi Incontri è nel cercare di capire insieme il ruolo e la responsabilità delle religioni nel mondo globalizzato. E’ la complessità – dice Riccardi – la chiave con cui leggere la realtà dell’oggi. Il mondo dei Balcani, crogiuolo di diversità etniche e religiose, mostra come queste siano intimamente connesse e siano elementi ineludibili della costruzione di una società del convivere. Ma bisogna guardare al futuro. il passato, aggiugne il ministro Riccardi,  porta memorie dolorose e difficilmente componibilli.

Qui a Sarajevo infatti sono evidenti i segni della guerra – impressi sui muri della città, dove ancora si vedono i segni delle granate, o nei cimiteri bianchissimi dove le tombe parlano di una generazione  veramente perduta. Ma gli abiti variopinti dei capi religiosi – kippà ebraiche, camelaffi ortodossi, lunge tuniche degli imam, che in questi giorni hanno incrociato nelle strade della città vecchia i gruppi di giovani in jeans e zainetto venuti ad ascoltarli –  parlano di un futuro possibile di convivenza pacifica.

Per tre giorni ci si è incontrati, in 28 panels sugli argomenti più vari. Una grossa operazione culturale. Stasera, l’Incontro si chiude: le diverse tradizioni religiose si riuniranno in luoghi diversi per un’ora di preghiera per la pace "gli uni accanto agli altri" (secondo la celebre espressione di Giovanni Paolo I)  con una cerimonia in una piazza centrale della città, dove verrà firmato un appello comune.

L’incontro è trasmesso in streaming sul sito www.santegidio.org che pubblica anche tutta la documentazione ( i testi, le fotogallery, la rassegna stampa) in più lingue.

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