Il sogno per l’Africa della Comunità di Sant’Egidio

Papa Benedetto XVI, incontrando in Cameroun nel 2009 gli operatori del programma DREAM della Comunità di Sant’Egidio, esclamò: “DREAM è un sogno diventato realtà”. Una realtà fatta di 33 centri già realizzati in 10 paesi africani che ha assistito già più di 180.000 persone e che ha aiutato a nascere sani più di 17.000 bambini da madri sieropositive. Non sola prevenzione, ma cure gratuite con i farmaci anti-retrovirali secondo gli standard clinici utilizzati nella parte del mondo più ricca, con l’idea che un approccio minimalista non avrebbe potuto fronteggiare l’epidemia dilagante, oltre che risultare eticamente ingiusta. Eppure quando alla fine degli anni novanta l’epidemia di AIDS in Africa cominciava a delinearsi come una vera e propria catastrofe umanitaria, le principali agenzie internazionali e molte ONG puntavano su un approccio esclusivamente preventivo, cercando cioè di ridurre il numero dei nuovi infetti e consideravano le terapie farmacologiche per l’AIDS come un approccio irrealistico, solo un sogno appunto.

Per la Comunità di Sant’Egidio, che in quegli anni già contava numerosissimi africani tra i suoi membri, un tale approccio esclusivamente preventivo appariva riduttivo. Perchè scarsamente attento alla vita dei milioni di infetti africani lasciati senza alcuna speranza e segnati da una malattia mortale, infamante ed emarginante. Inoltre, come cristiani, appariva insopportabile l’ingiustizia che esistesse una cura possibile ed efficace, la triterapia, ma che non fosse disponile per gli africani.

Per questo la Comunità di Sant’Egidio ha avviato in Mozambico e successivamente in altri 9 paesi africani, il programma DREAM (Drug Resource Enhancement against AIDS and Malnutrition). DREAM è nato davvero come un “sogno”: rendere disponibili terapie e tecnologie già sperimentate nel mondo ricco in Africa.
In pochi anni e non poche difficoltà, questo che poteva sembrare più che un sogno un’utopia irrealizzabile, è diventato una realtà importante, grazie al grande impegno degli operatori africani del programma e dai tanti volontari che da tutta Europa hanno voluto offrire la loro competenza e il loro tempo per formare il personale, realizzare le strutture, reperire i fondi necessari.

Sono state presto smentite le obiezioni per cui in Africa non fossero sostenibili interventi terapeutici complessi e che gli africani non sarebbero stati capaci di seguire fedelmente una terapia. O che uomini e donne poveri, come quelli che vivono in Africa, sarebbero stati tentati di rivendersi quanto ricevuto, alimenti, filtri per l’acqua, farmaci, piuttosto che utilizzarli per stare meglio.

Numerosi studi hanno dimostrato, al contrario, che i pazienti africani sono molto aderenti alle cure e che sono perfettamente in grado di seguire una terapia complessa come quella per l’AIDS. Non solo. Molti pazienti sono diventati "testimonial" e "consulenti" per coinvolgere ed aiutare le persone sieropositive che ancora non conoscevano la possibilità di curarsi e che avevano paura ad avvicinarsi alle strutture di cura per paura dello stigma. E’ quello che col tempo è diventato un movimento di oltre 3.000 "attivisti".



Ma il successo di DREAM è dovuto anche all’approccio "olistico" al paziente africano, nella convinzione che l’AIDS non è solo una patologia di interesse sanitario, ma anche una condizione che aggrava le criticità già esistenti nella vita del malato e della sua famiglia e ne crea di nuove.

Approccio olistico ha voluto dire tener conto di tutte le caratteristiche del paziente africano: spesso donna, ad alto rischio d’insicurezza alimentare, di limitata cultura e dalle scarse difese sociali, afflitta da altre condizioni morbose, quali malaria e tubercolosi; oppure bambino, cui spesso è negato anche il diritto al nome ed al riconoscimento anagrafico, o l’accesso all’istruzione. DREAM ha affrontato tutto l’insieme di queste condizioni realizzando una globalità delle cure che parte dal basso, senza rinunciare ad offrire quanto di meglio esiste per contrastare la progressione dell’HIV.

Non solo terapia antiretrovirale, ma anche tutto il complesso di misure e interventi che possono renderla possibile ed efficace: educazione alla salute dei pazienti, sostegno nutrizionale, diagnostica avanzata (DREAM ha realizzato 20 laboratori di analisi cliniche e biologia molecolare), formazione del personale. E’ tutto il sistema che deve funzionare intorno al paziente perché la cura abbia successo, per vincere la battaglia contro la malattia. E’ anche una grande iniezione di fiducia per il personale sanitario che assai spesso in Africa è demotivato e frustrato dall’assenza di possibilità terapeutiche e di risorse sanitarie anche elementari. Infine, è per tutti -malati e familiari, personale sanitario locale e volontari- speranza e investimento nel futuro. Speranza che l’AIDS può essere vinto anche in Africa e che la condizione di vita di tanti sieropositivi, segnata da un senso di condanna, può essere cambiata. Con le cure tanti uomini e donne, prima stremati dalla malattia, hanno riacquistato energie e sono tornati a lavorare e a sognare per i futuro. Una vera risurrezione.


E’ il modo di sentire della Comunità di Sant’Egidio. Per la Comunità è centrale il valore della persona e di ogni vita. Ad ogni malato si cerca di offrire quanto di meglio esiste nel campo della diagnostica, della terapia. Le persone non sono mai semplici “emergenze” ma fratelli e sorelle da soccorrere. Ci si muove secondo quel semplice e antico comandamento che raccomanda di fare agli altri ciò che vorremmo fosse fatto a noi stessi. E chi non vorrebbe per se stesso il meglio?

Questo approccio cristiano – che si rivela più efficace, pienamente umano- ha una sua profonda validità: motiva il personale, ottiene grande collaborazione dal paziente e dalla sua famiglia, è un testimonianza del potere terapeutico della Comunità cristiana.

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Lima, Perù – 12 anni di amicizia tra giovani e anziani …

La Comunità di Sant'Egidio di Lima ha recentemente festeggiato i 12 anni di amicizia con gli anziani dell'Hogar Canevaro. 

Centro di "attenzione residenziale geriatrico" nella zona meridionale della capitale peruviana, l'Hogar Canevaro accoglie quasi 400 ospiti, uomini e donne. L'incontro tra giovani e anziani dà senso e speranza alla vita degli uni e degli altri.

 

 

 

 

 

 

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Gorongosa, Mozambico – L’impegno di Sant’Egidio per favorire la riconciliazione e la pace

Mentre si addensano in varie parti del mondo minacce alla pace, dopo un agosto segnato dalle notizie provenienti da Gaza, dal nord Iraq, dall’Ucraina, negli stessi giorni in cui si ricordano i 100 anni dalla I guerra mondiale e l’inizio della II guerra mondiale, è bello registrare che qualche focolaio di conflitto si spegne, che i demoni della guerra possono essere incatenati dalla ragionevolezza e dalla riconciliazione.
Sì la pace è possibile, la pace può essere il presente ed il futuro. Ce lo testimonia quanto sta accadendo nelle foreste del Mozambico centrale, nella zona di Gorongosa, dove mons. Matteo Zuppi, vescovo ausiliario della Diocesi di Roma e il Viceministro italiano per lo Sviluppo Economico, Carlo Calenda, hanno incontrato Afonso Dhlakama, leader della RENAMO, storico oppositore del FRELIMO, al governo, protagonista alcuni decenni fa di una lunga guerriglia, per certi versi tentato di riprendere la via della macchia negli scorsi mesi. 
Come già 22 anni fa – il 4 ottobre 1992 proprio a Roma veniva firmata la pace che concludeva la guerriglia di cui sopra – la Comunità di Sant'Egidio e il Governo italiano hanno lavorato per raggiungere un accordo che riuscisse a ricomporre il modus vivendi fra le due parti per il bene del paese, e in vista delle elezioni di metà ottobre. 
Dopo la conclusione della fase negoziale a Maputo l’incontro di Gorongosa ha permesso di stemperare le ultime difficoltà. Il leader della RENAMO ha espresso la volontà di tornare nella capitale e di lavorare per l’implementazione degli accordi. Un analogo impegno è stata riaffermato anche dal presidente in carica, Armando Guebuza.

 

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La scomparsa del cardinale Carlo Maria Martini. Il ricordo della Comunità di Sant’Egidio

E’ un ricordo carico di affetto quello della Comunità di Sant’Egidio per il cardinale Carlo Maria Martini, espresso insieme alla profonda gratitudine per la sua grande testimonianza di pastore e per il suo amore per la Parola di Dio: "La profonda conoscenza delle Scritture, da lui predicate negli anni Settanta nelle periferie di Roma insieme a Sant’Egidio quando era rettore della Università Gregoriana, il suo amore per i deboli e per i poveri, la sua passione per la pace e il dialogo, condivisi in tanti anni di amicizia, restano per tutti come preziosa eredità della sua passione evangelica per la Chiesa e per il nostro tempo".


Mons. Vincenzo Paglia, Presidente del Pontificio consiglio per la famiglia, e assistente spirituale della Comunità di Sant’Egidio, intervistato dalla Radio Vaticana, lo ricorda così: 


"Il mio ricordo è quello di un uomo di Dio, di un uomo appassionato del Vangelo, e di un uomo che voleva portare il Signore accanto, anzi, nel cuore della gente. Io lo ricordo quando, allora giovane rettore del Biblico, diceva: ”Io parlo molto di evangelizzazione, ma faccio poco con i poveri. Io vorrei spendere almeno mezza giornata della settimana con i più poveri”. Questa affermazione poi divenne realtà. E lui trascorreva ogni giovedì pomeriggio con un anziano che era a Trastevere, lavando i piatti, pulendo per terra, andando a fargli la spesa. Ecco, questo Vangelo che arrivava attraverso i credenti nel cuore dei più deboli, dei più poveri, è uno dei segni più belli che ricordo del cardinale Martini, che poi ha vissuto tutto questo in maniera straordinaria divenendo arcivescovo di Milano"


D. – La commozione per la morte del cardinale Martini è stata condivisa da credenti e non ..


Paglia: " Sì. Il cardinale Martini era un prete che aveva l’ideale di Paolo VI, cioè una Chiesa che sapesse parlare di Dio e del Vangelo all’uomo di questo tempo. Questo è stato il grande impegno del cardinale: cercare di dire il Vangelo di sempre con un linguaggio che l’uomo di oggi avesse potuto comprendere, perché la Parola di Dio deve entrare nelle parole degli uomini per fermentare. Ecco perché oggi piangono in tanti, credenti e non, la scomparsa di questo grande testimone. Pensiamo quando le Brigate Rosse consegnarono a lui un arsenale di armi, ecco, noi possiamo capire quanto c’è bisogno di uomini di questa caratura, di credenti con questa passione, con questa straordinaria intelligenza pastorale. Martini resta indubbiamente un grande maestro, e vorrei dire anche un grande italiano e, aggiungo, un grande europeo. Ricordo ancora con estrema nettezza quando, soprattutto da Milano in poi, lui credeva che l’Europa doveva conservare e proclamare con ancor maggiore forza il messaggio cristiano al mondo. E oggi, mentre il mondo sembra frantumarsi, l’Europa indebolirsi, il messaggio del cardinale Martini è come consegnato alle nostre mani, perché noi, a nostra volta, continuiamo lo sforzo, l’impegno, che lui non ha mai lesinato lungo tutta la sua vita, compreso il tempo della malattia"


D. – Il percorso del cardinale Martini si è intrecciato molte volte con quello della comunità di Sant’Egidio, soprattutto per quanto riguarda la promozione del dialogo tra le religioni ..


Paglia: " Sì. L’incontro del cardinale Martini con la comunità di Sant’Egidio risale al 1974, quando lui, ricordo, teso a vivere la Chiesa secondo le immagini degli Atti degli Apostoli, voleva stare vicino ai poveri. Tutte le domeniche andava a celebrare la Messa in un locale, una ex pizzeria, con questa piccola comunità di Sant’Egidio, nei quartieri della Roma di allora, i quartieri di periferia. E poi, man mano, il legame con la comunità si è via via allargato con la vita stessa della comunità: gli incontri con gli altri credenti a partire dagli ebrei, dagli ortodossi ai protestanti, ma poi anche con il mondo islamico e anche con i non credenti, già negli anni ’80. In questo senso, la comunità perde un grande amico che comunque continuerà ovviamente a ispirare le migliaia di persone che già in questa vita hanno avuto in lui un punto di riferimento."

 

 

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Catania, Italia: Tre giorni senza frontiere, una “dichiarazione di pace”

I "Tre giorni senza frontiere" organizzati dai Giovani x la Pace di Catania si sono appena conclusi. Un grande happening, centinaia di giovani provenienti non dalla sola Sicilia, terra che incontra ed accoglie più di altre chi migra (dal Lazio, dal Friuli, dal Veneto le presenze "continentali" più cospicue)‬, italiani vecchi e nuovi, residenti ed immigrati hanno voluto dire "Sì" al confronto e all'integraziopne, "No" alla chiusura ed alla paura. 

Il programma della "Tre giorni" prevedeva giochi, tavolate e momenti di riflessione e di memoria. 

"Accogliere è un atto di pace", ha detto Emiliano Abramo, della Comunità di Sant’Egidio di Catania: "Se respingere, come dice papa Francesco, è un atto di guerra, accogliere è una dichiarazione di pace in un mondo sedotto dalla logica della violenza verbale e dimentico della dignità dell’uomo, di chi ha visto accanto a sé la fame, la guerra, il terrore".  

 

 

 

 

 

 

 

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Arusha (Tanzania) – Le comunità di Sant’Egidio ricordano l’attentato di tre mesi fa e pregano per la pace e la riconciliazione

Un convegno di rappresentanti di tutte le comunità di Sant’Egidio della Tanzania si è aperto il 2 agosto scorso nel ricordo dell’attentato che a inizio maggio, ad Arusha, nella parrocchia di Olasiti, dedicata a S. Giuseppe Artigiano, aveva fatto tre vittime e numerosi feriti. Al momento dell’attentato, quel giorno, erano presenti anche il vescovo di Arusha e il Nunzio Apostolico nel paese.
Nello spiazzo di fronte alla chiesa, davanti alle tombe dei morti di quella mattina di maggio, una donna e due bambini, si è pregato per le vittime del male, per la pacificazione dei cuori, per l’avvento di una cultura della convivenza e della riconciliazione
Di fronte alla forza del male, alle nubi che si addensano sul futuro di una società che pure è stata – ed è ancora, in larga parte – un modello di convivenza tra culture e fedi, si è voluto riaffermare la fiducia nella forza debole della preghiera.
Si è cantato con le parole del Salmo 85: “Amore e verità s’incontreranno, giustizia e pace si baceranno”. Si è ricordato come si tratti di essere strumenti di pace, perché l’eredità storica della Tanzania non venga dissipata ma trasmessa alle future generazioni, perché il cuore di tanti venga trasfigurato, perché il dialogo e la convivenza spazzino via ogni odio e ogni violenza. 

 

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Machinjiri, Malawi – I bambini del Centro Nutrizionale in colonia …

Canti, balli e giochi per i bambini del Centro Nutrizionale "Giovanni Paolo II" in colonia coi loro amici più grandi. 

Aperto nel 2010, il Centro Nutrizionale di Machinjiri – a pochi km da Zomba, nel Malawi centromeridionale – è come una casa per circa 1000 bambini che possono usufruire ogni giorno di un pranzo nutriente. 

Dal 2012 c’è anche un asilo per alcune decine bambini in età prescolare dove si impara l’inglese e ci si prepara all’inserimento nella scuola primaria.

 

 

 

 

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Parigi, Francia – La solidarietà estiva nelle grandi città europee …

Estate solidale anche a Parigi …. La Comunità di Sant'Egidio della capitale francese ha organizzato diversi eventi con i ragazzi delle scuole della pace e con gli anziani. In più, a fine luglio, un pranzo speciale a Charenton, quadrante sud-est della città, con i senza fissa dimora e famiglie di recente immigrazione dall'Europa orientale. 

Si è trattato di un barbecue che si è voluto aggiungere agli appuntamenti settimanali che, come in tante altre città europee, Sant'Egidio vive per la strada, andando a cercare e a raggiungere chi ha bisogno, portando panini, scatolame, frutta, bevande … e compagnia, amicizia, memoria.

Al pranzo di Charenton è stato un trionfo della compagnia e dell'amicizia. Musica, salsicce e buon umore! Perché anche l'estate bisogna dire no all'esclusione ….

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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