Manila, Filippine – Un intesa tra governo e MILF pone fine alla lunga guerra di Mindanao

Il 27 marzo scorso è stato siglato a Manila un accordo di pace tra il governo filippino e il Moro Islamic Liberation Front, attivo a Mindanao, la grande isola meridionale dell’arcipelago, con una guerriglia che si prolungava da decenni.
L’intesa è stata mediata dalla Malaysia e da un Gruppo di contatto di cui ha fatto parte anche la Comunità di Sant’Egidio, nella persona di Alberto Quattrucci.
L’accordo dà vita ad una realtà autonoma nella parte occidentale di Mindanao, denominata Bangsamoro, il cui territorio sarà delimitato da un referendum nei prossimi mesi. Ampia autonomia sarà assicurata alla popolazione, in maggioranza musulmana, in diversi campi, da quello del diritto a quello dell’istruzione.
Ha dichiarato Quattrucci a Radio Vaticana: “Il nostro lavoro di gruppo di contatto è stato quello di parlare, di avvicinare i vari soggetti. E’ un lavoro che non è finito, che deve proseguire. Stiamo preparando una conferenza di dialogo interreligioso, includendo la società civile e i gruppi politici per il 6 ed il 7 giugno a Cotabato, insieme al cardinal Quevedo”.
La Conferenza episcopale filippina ha espresso la propria soddisfazione per la firma dell’accordo, che mette fine a una delle più lunghe e cruente guerre separatiste nel continente asiatico. Il presidente dei vescovi filippini, mons. Socrates Villegas, ha sottolineato come tale “evento rappresenti una pietra miliare, un passo coraggioso nella direzione di una pace vera e duratura a Mindanao”. 
A Roma, da parte sua, il presidente della Comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo, ha visto la firma dell’intesa come “la riprova di quanto il fattore religioso possa essere determinante nella soluzione dei conflitti. E’ un’altra vittoria dello ‘spirito di Assisi’ che ha desolidarizzato le religioni dalla violenza”. 
Un impulso determinante alla conclusione dell’accordo, notano diversi osservatori, è stato fornito dalla presenza nel Gruppo di Contatto della “Muhammaddiyah”, un movimento islamico moderato indonesiano molto attivo nei settori educativo e sociale e tradizionalmente impegnato nel dialogo interreligioso.

 

Facebooktwittermail

Aleppo, Siria – Preghiera e sostegno concreto per un paese amico, travolto dalla guerra civile

In una lettera di qualche giorno fa l'arcivescovo armeno cattolico di Aleppo, mons. Butros Marayati, ha espresso il suo “grazie di cuore” per la solidarietà e il sostegno concreto espressi dalla Comunità di Sant'Egidio nei confronti delle famiglie cristiane più povere colpite dalla guerra civile in Siria, nonché, più in generale, delle chiese e del popolo siriani.
Sant'Egidio, infatti, non solo continua da mesi a pregare per i vescovi Mar Gregorios Ibrahim e Paul Yaziji, per Paolo Dall’Oglio e gli altri sacerdoti di tutte le confessioni che sono stati sequestrati in Siria, ma ha anche inviato alla diocesi armeno cattolica di Aleppo un contributo economico in segno di solidarietà fraterna.  

 

Facebooktwittermail

24 marzo 1980 – 24 marzo 2014: la memoria di mons. Romero, il lavoro per strappare le giovani generazioni alla scuola della violenza

Durante la sua recente visita in America Centrale Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, ha fatto sosta a San Salvador.
E’ stata, questa, l’occasione di alcuni incontri con le realtà di Sant’Egidio attive nel piccolo paese centroamericano, impegnate in un paziente e coraggioso lavoro di educazione alla pace che allenti la presa che le maras e la violenza diffusa in generale hanno sulle giovani generazioni. Come a Chanmico, dove anni di amicizia fedele e tenace hanno permesso ad una generazione di bambini di non crescere alla scuola della violenza.
Ma è stata anche l’occasione di un omaggio alla tomba di mons. Oscar Arnulfo Romero, l’arcivescovo martire che ha dato la sua vita per testimoniare, in un tempo di violenza differente, ideologica allora, polarizzata tra guerriglia e repressione, il suo amore per il Vangelo e per i poveri.
Di Romero si celebra proprio oggi il 34° anniversario dalla morte. Ucciso il 24 marzo 1980 mentre celebrava messa nella cappellina dell’ospedale nel cui compound viveva, la sua memoria è divenuta fonte di ispirazione e di esempio. Non è un caso che proprio il 24 marzo si celebri la Giornata Mondiale dei Missionari martiri. E la tomba del vescovo a San Salvador, che lo rappresenta disteso, circondato da 4 figure che recano nelle loro mani il Vangelo, è meta di pellegrinaggi per molti salvadoregni.
La sua memoria è viva anche a Roma. Il messale da cui leggeva la sera in cui fu ucciso è custodito in una delle cappelle laterali della basilica di San Bartolomeo all’Isola Tiberina, la chiesa romana che, per volontà di Giovanni Paolo II, è divenuta memoriale dei “nuovi martiri” – è la definizione adoperata durante il Giubileo – del XX e del XXI secolo: “L'esperienza dei martiri e dei testimoni della fede non è caratteristica soltanto della Chiesa degli inizi”, così il papa alla grande commemorazione del 7 maggio 2000, al Colosseo, “ma connota ogni epoca della sua storia. […] La loro memoria non deve andare perduta. […] Resti viva, nel secolo e nel millennio appena avviati […]. Anzi, cresca! Sia trasmessa di generazione in generazione, perché da essa germini un profondo rinnovamento cristiano!”.

 

Facebooktwittermail

Città del Messico, Messico – Visita di Andrea Riccardi alle comunità di Sant’Egidio del grande paese centramericano

Dopo Cuba è continuato il viaggio che Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, ha intrapreso per visitare alcune delle principali realtà del movimento nel Centro America.
Il 9 marzo scorso una grande assemblea ha riunito a Città del Messico i membri delle comunità messicane, in particolare quelli provenienti dall’immensa capitale federale e da Puebla.
Tanto nel discorso di Andrea Riccardi, quanto negli interventi dei diversi partecipanti all’incontro, ci si è soffermati sulle sfide che Sant’Egidio vive nei contesti urbani dell’America Latina, in agglomerati che non sono a misura d’uomo, che sono spesso percorsi e tormentati da una violenza diffusa. E’ il dramma in particolare del Messico, un grande paese in cui la violenza del narcotraffico, il trattamento dei migranti che si dirigono verso gli Stati Uniti, le forti disparità sociali, sono altrettanti nodi che richiedono l’impegno e la preghiera dei credenti.
La sfida è concreta, educativa, sociale. Ma c’è anche una chiamata ad un diverso atteggiamento di fondo. C’è bisogno di uno sguardo materno sulla vita delle grandi città messicane e latinoamericane, innanzitutto sui poveri che le abitano, ma anche sui tanti che cercano una via d’uscita da una situazione bloccata, che sognano prospettive più umane e più giuste. La Vergine Maria è in tal senso esempio per ogni discepolo, è lei che rivela come essere cristiani voglia dire essere madri, voglia dire accorgersi che c’è un momento in cui adoperarsi perché l’acqua diventi vino.

 

Facebooktwittermail

San Salvador, El Salvador – L’amicizia coi senza fissa dimora, punto fermo in una vita precaria e senza certezze

Lo scorso 19 febbraio la famiglia di Sant’Egidio a San Salvador ha celebrato i 46 anni dalla fondazione della Comunità madre di Roma nella parrocchia di San José de la Montaña. Erano presenti anche i poveri che il movimento conosce e aiuta in città, e in particolare quelli che sono costretti a vivere in strada. Durante la liturgia è stato ricordato anche uno di loro, Erick Modesta, recentemente scomparso.
Erick viveva nei pressi del mercato centrale di San Salvador e ogni mercoledì aspettava gli amici della Comunità per quello che era divenuto l’appuntamento centrale della sua settimana, il punto fermo di una vita altrimenti precaria e senza certezze.
Era un altro quando parlava con loro, questo ex camionista che aveva perso il lavoro per problemi di salute ed aveva finito per rifugiarsi nell’alcool. Apprezzava la possibilità di una conversazione più libera e più alta, si interessava della vita delle persone che lo andavano a trovare, era partecipe alle loro difficoltà e alle loro speranze
Il 29 gennaio, ultimo mercoledì della sua vita, Erick si sentiva già male, ma aveva voluto fermarsi a lungo con Carlos, uno dei membri della comunità che lo conosceva da più tempo, riandare con la memoria alla storia della loro lunga amicizia, dargli in un certo senso il suo ultimo saluto, assicurargli le sue preghiere.
L’amicizia di Erick è stata qualcosa di prezioso per la comunità di San Salvador. La sua memoria si lega a quella di tanti altri fratelli e amici di Sant’Egidio in quel paese, da William Quijano ad altri, e diviene impegno a vivere con maggior fedeltà la vicinanza alle tante periferie esistenziali di questo nostro mondo.

 

Facebooktwittermail

Mosca, Russia – La musica per una cultura della solidarietà

Un concerto di beneficenza è stato organizzato dalla comunità di Sant’Egidio di Mosca in favore di chi è costretto a vivere in strada in un contesto particolarmente difficile come quello dell’inverno russo.
Il ricavato della serata, dal significativo titolo “Scaldiamo la città con la musica”, sarà interamente devoluto per distribuire pasti caldi, coperte, vestiti pesanti e altri tipi di aiuto ai senzatetto moscoviti. 
La musica si è messa al servizio della solidarietà, dando un esempio che potrà essere replicato sotto altri cieli e con altre reti di sostegno. 

 

Facebooktwittermail

Colombia – Per una svolta di pace

La Comunità di Sant'Egidio, da tempo impegnata per favorire il negoziato in corso all’Avana tra governo colombiano e guerriglia delle FARC, ha convocato nei giorni scorsi una conferenza stampa per lanciare un appello in vista del raggiungimento di un accordo di pace nel paese latinoamericano.
Eminenti personalità internazionali, tra le quali due premi Nobel (Desmond Tutu e Adolfo Pérez Esquivel), hanno inteso incoraggiare le parti a proseguire sulla via della pace, anzi a finalizzare colloqui che durano ormai da 14 mesi e che hanno visto convergere i mediatori su due dei cinque punti in agenda. E’ tempo di porre fine a un conflitto che ha fatto 200.000 morti e tre milioni di profughi interni.
Come si può leggere sul sito www.santegidio.org, il presidente della Comunità, Marco Impagliazzo, ha dichiarato: “Il negoziato è a una svolta. Il nostro appello si propone di esprimere sostegno e incoraggiamento perché, dopo il fallimento di precedenti negoziati e accertata l’impraticabilità di una via d’uscita militare dal conflitto, si lavori su formule di intesa sui punti ancora controversi”.

 

Facebooktwittermail

Conakry, Repubblica di Guinea – Le donne del movimento “Je DREAM” restituiscono ad altri la speranza ricevuta con il trattamento antiretrovirale

Sul sito DREAM – Drug Resource Enhancement against AIDS and Malnutrition, il programma di cura dell’AIDS avviato e gestito dalla Comunità di Sant’Egidio in dieci paesi africani – si può leggere la storia di Fanta e delle sue figlie.
Guineana, di Conakry, Fanta aveva incontrato DREAM nel 2008. Giovanissima, incinta e sieropositiva, era convinta di essere ormai condannata a morte, e con lei le bambine – due gemelline, si sarebbe scoperto – che portava in grembo. Ma qualcuno, al centro di cura, le aveva detto che era possibile curarsi, non morire, far nascere figli sani. E così sarebbe stato.
La storia di Fanta è simile a quella di tante altre donne, a Conakry e altrove, che nell’amicizia e nella fiducia con gli operatori e gli attivisti DREAM hanno riscoperto la possibilità di un futuro, una speranza che si è rivelata generatrice di riscatto e di vita. Per sé, per i propri cari, ma anche per chi ha avuto la fortuna di incrociare il movimento espresso dal Programma, Je DREAM nei paesi francofoni, I DREAM in quelli anglofoni, Eu DREAM in quelli lusofoni.
A Conakry, per esempio, in un clima di grande sintonia tra cristiani e musulmani, Je DREAM ha scelto di mettersi al servizio dei più poveri.
Le donne di Je DREAM Conakry visitano regolarmente, ogni due settimane, la prigione di Coyah, a una cinquantina di km dal centro di cura, che ospita 90 giovani tra i 14 e i 25 anni. I prigionieri sono rinchiusi in un’unica, angusta stanza, con un solo bagno e pochi fori per l’aria posti in alto. Je DREAM è come un’altra famiglia per questi giovani prigionieri, li sostiene, li consola, porta loro quel che può essere utile in carcere, li prepara a un reinserimento aperto e fiducioso nella società una volta scontata la pena.

 

Facebooktwittermail

Kwala Lumpur, Malaysia – Firmato l’accordo che pone fine al conflitto a Mindanao: una speranza di pace e di convivenza per le Filippine

E’ stato firmato ieri tra il governo filippino e il MILF (Moro Islamic Liberation Front) – grazie anche alla mediazione di diversi attori internazionali, e tra questi della Comunità di Sant'Egidio – un accordo quadro che prevede un regime di autonomia per il territorio del Bangsamoro, nell’isola di Mindanao. 
La conclusione del processo negoziale, salutata con soddisfazione dalla popolazione filippina e da tutti i mezzi di informazione, può aprire a una stagione nuova per la storia dell’arcipelago, chiudendo la piaga di una guerriglia che si trascinava da decenni.
Mindanao è l’isola più meridionale delle Filippine. Dai primi anni Settanta era stata teatro di una rivolta armata portata avanti da milizie islamiche per ottenere l’indipendenza del Bangsamoro (la terra dei Moro, ovvero dei musulmani) da Manila. Già nel 1987 si era raggiunta un’intesa basata su un’autonomia limitata della regione, ma una costola del movimento, il Fronte islamico di liberazione dei Moro appunto, aveva continuato la lotta. 
La firma dell’accordo sancisce oggi sia la rinnovata disponibilità della Repubblica delle Filippine, la più grande nazione cattolica dell’Asia, a includere e garantire le differenze e le minoranze presenti nel paese, sia la scelta di coinvolgimento e di responsabilità affermatasi all’interno del MILF.
Si apre un tempo nuovo, di impegno sulla via della pace, nella costruzione di una società più democratica e inclusiva, in un paese plurale come le Filippine, che, libero finalmente da conflitti interni, potrà concentrarsi sulla sfida dello sviluppo e sulla risposta a quei disastri naturali che tanto frequentemente colpiscono la sua popolazione.

 

Facebooktwittermail

Abidjan, Costa d’Avorio – Coi ragazzi di strada a Treichville, perché non sia loro rubata la speranza

La comunità di Sant’Egidio di Abidjan continua il suo lavoro coi ragazzi di strada di Treichville, uno dei quartieri più centrali e vivaci della capitale ivoriana. 
Di fronte al bisogno dei minori che vivono nella zona, senza una fissa dimora, senza una chiara prospettiva di vita, Sant’Egidio intende essere una presenza amica e affettuosa, capace di accompagnare ed indirizzare verso il futuro, di impedire che quella giovane speranza venga cancellata dalla vita per strada.
Com’è possibile leggere sul sito www.santegidio.org, la comunità di Abidjan mette a disposizione la propria casa perché decine di minori abbiano la possibilità di lavarsi, mangiare, incontrarsi, parlare, e – nei casi più fortunati – inserirsi nella vita sociale e professionale attraverso l’apprendimento di un mestiere. 
Come ha dichiarato al sito uno dei membri di Sant’Egidio, Isaac Anghu, “i ragazzi, che pur vivono in condizioni estremamente difficili, amano parlare dei loro progetti per il domani, sognano un futuro bello, un lavoro, una famiglia, degli amici, in una parola una vita normale”.

 

Facebooktwittermail