Maputo, Mozambico – Il centro DREAM di Matola 2 dedicato ad Ana Maria Muhai, tra le prime attiviste del Programma

Il nuovo centro DREAM specializzato nella prevenzione della trasmissione materno-infantile dell’AIDS e per la cura dei bambini sieropositivi a Matola 2, popoloso sobborgo di Maputo, è stato appena intitolato ad Ana Maria Muhai, tra le prime attiviste del Programma.

Ana Maria Muhai, già gravemente malata, aveva potuto approfittare delle cure gratuite offerte da DREAM a Machava (Maputo) nei primi mesi dell’ormai lontano 2002, quando il Programma vedeva la luce con l’intenzione di garantire anche in Africa una diagnostica e delle cure di livello occidentale, una grande novità a quei tempi.

Grazie alle cure ricevute Ana Maria si era rimessa in salute, suscitando stupore tra coloro che l’avevano vista deperire ed avvicinarsi alla morte. Quell’esperienza di resurrezione l’aveva profondamente coinvolta, spingendola ad impegnarsi affinché tanti altri malati avessero fiducia nel trattamento e potessero ricevere le cure adeguate.

Ana Maria era divenuta una testimone instancabile, una tra le più conosciute e rappresentative del programma DREAM, intervenendo anche all’ONU per sostenere l’accesso universale alla cura. Donna coraggiosa e instancabile aveva creduto che il programma DREAM potesse, da “sogno”, divenire realtà e futuro di tanti malati del Mozambico e non solo.

La sua energia si era spenta l’anno scorso, nell’aprile 2013, per una patologia non riconducibile all’AIDS. Ma la sua voce e il suo esempio continuano a parlare e a incoraggiare. L’inaugurazione del Centro che porterà il suo nome si è svolta alla presenza della vice-ministro della Salute mozambicano, nonché di moltissimi pazienti in cura nel Programma.

Il suo impegno continua grazie allo sforzo di tanti altri attivisti, capaci di raggiungere il tessuto sociale del proprio quartiere o del proprio villaggio, dei quartieri e dei villaggi vicini, l’intera opinione pubblica di un paese. Tante altre donne come lei continuano ad essere protagoniste della liberazione dalla malattia, strumento di formazione delle coscienze, in definitiva una ricchezza per il paese in cui vivono.

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Conakry, Repubblica di Guinea – Le donne del movimento “Je DREAM” restituiscono ad altri la speranza ricevuta con il trattamento antiretrovirale

Sul sito DREAM – Drug Resource Enhancement against AIDS and Malnutrition, il programma di cura dell’AIDS avviato e gestito dalla Comunità di Sant’Egidio in dieci paesi africani – si può leggere la storia di Fanta e delle sue figlie.
Guineana, di Conakry, Fanta aveva incontrato DREAM nel 2008. Giovanissima, incinta e sieropositiva, era convinta di essere ormai condannata a morte, e con lei le bambine – due gemelline, si sarebbe scoperto – che portava in grembo. Ma qualcuno, al centro di cura, le aveva detto che era possibile curarsi, non morire, far nascere figli sani. E così sarebbe stato.
La storia di Fanta è simile a quella di tante altre donne, a Conakry e altrove, che nell’amicizia e nella fiducia con gli operatori e gli attivisti DREAM hanno riscoperto la possibilità di un futuro, una speranza che si è rivelata generatrice di riscatto e di vita. Per sé, per i propri cari, ma anche per chi ha avuto la fortuna di incrociare il movimento espresso dal Programma, Je DREAM nei paesi francofoni, I DREAM in quelli anglofoni, Eu DREAM in quelli lusofoni.
A Conakry, per esempio, in un clima di grande sintonia tra cristiani e musulmani, Je DREAM ha scelto di mettersi al servizio dei più poveri.
Le donne di Je DREAM Conakry visitano regolarmente, ogni due settimane, la prigione di Coyah, a una cinquantina di km dal centro di cura, che ospita 90 giovani tra i 14 e i 25 anni. I prigionieri sono rinchiusi in un’unica, angusta stanza, con un solo bagno e pochi fori per l’aria posti in alto. Je DREAM è come un’altra famiglia per questi giovani prigionieri, li sostiene, li consola, porta loro quel che può essere utile in carcere, li prepara a un reinserimento aperto e fiducioso nella società una volta scontata la pena.

 

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