Pakistan – Il frutto dello spirito di Assisi e della testimonianza di Shahbaz Bhatti

La visita in Pakistan del presidente della Comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo, si è svolta all’insegna tanto della fraternità quanto del dialogo. Non è stata soltanto incontro con le famiglie pakistane di Sant’Egidio, bensì pure confronto amico e profondo con le realtà religiose di un paese plurale, in grande maggioranza musulmano, certamente, ma anche casa di significative minoranze, cristiane e non solo. 

Al contrario di quanto potrebbe sembrare a uno sguardo superficiale il Pakistan è un paese complesso, in cui le correnti estremiste, pur innegabilmente presenti, sono contrastate da un Islam da secoli abituato alla convivenza con l’Altro. Il subcontinente indiano è anche questo, infatti: un immenso crocevia di culture e di idee nel quale la tolleranza, il rapporto proficuo tra diversi, la comune tensione verso l’Assoluto, si rivelano tanto spesso più forti della tentazione a dividersi, a farsi avversari.

Tanto più in questi ultimi anni. Il Pakistan è forse uno dei paesi in cui lo spirito di Assisi e il paziente lavoro della Comunità hanno seminato più frutti. Ed è il paese in cui la testimonianza fino all’effusione del sangue di Shahbaz Bhatti ha aperto varchi prima impensabili nell’Islam più avvertito e più spirituale.

Ecco allora che la delegazione della Comunità è stata ricevuta dall'imam Abdul Kabir Azad, che guida la moschea più antica del Punjab. Azad, che da anni partecipa agli incontri di preghiera per la pace organizzati da Sant’Egidio, si è fatto promotore di un importante momento interreligioso cui hanno partecipato, insieme alla Comunità, il vescovo cattolico, quello anglicano, e rappresentanti di diverse correnti islamiche sunnite e sciite, oltre a sikh e indù. Ed ecco che a Islamabad, presso la Grande Moschea Faisal, su invito della locale Università Islamica, Marco Impagliazzo ha tenuto una conferenza sul tema "Il dialogo tra le religioni e la pace", cui hanno preso parte numerosi studiosi musulmani. Ecco, infine, la notizia appena pubblicata sul blog di Città per la vita, "una donna cristiana salvata dall'accusa di blasfemia grazie alla collaborazione tra leader musulmani e attivisti cristiani".

Certo, non tutto è facile. Certo, rimangono enormi problemi per i cristiani pakistani. E la violenza tenta ed avvelena le coscienze. Ma davvero la testimonianza di uomini di pace, in dialogo con i loro fratelli musulmani, tocca i cuori, apre a nuovi orizzonti. 

Davvero il sogno di Bhatti, quello di un Pakistan senza discriminazioni, dove fedeli di tutte le religioni potessero godere di pari diritti e di pari opportunità per il progresso del paese, è più vicino a divenire realtà. Davvero, come ha detto il fratello Paul a Roma, alla presenza di papa Francesco, la scorsa Pentecoste, “la vita e la fede di Shabaz hanno dato frutto. La sua fede ha superato le montagne di divisione tanto alte nel mio paese. Ha seminato un amore più alto di quelle montagne”. E pian piano si comincia a vedere il raccolto.

 

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