Genova – Incontro con Paul Bhatti, fratello di Shahbaz, il ministro per le minoranze del Pakistan ucciso per il suo impegno per il dialogo

Paul Bhatti – fratello del Ministro pakistano per le minoranze Shabhaz, ucciso nel marzo 2011 per il suo impegno a favore della convivenza cristiano-musulmana – ha incontrato mercoledì la Comunità di Sant’Egidio di Genova.

Bhatti, che ricopre la carica di Ministro pakistano per l’armonia nazionale, era in città su invito del cardinale Angelo Bagnasco, per inaugurare il ciclo di incontri “Cattedrale aperta” dedicato al tema “la fede che trasforma la vita”.

Il Ministro ha visitato la Basilica dell’Annunziata, dove la Comunità si riunisce tutte le sere per la preghiera, soffermandosi di fronte all’icona del beato Giovanni Paolo II. A margine della conferenza, ha incontrato un gruppo di giovani, ricordando il profondo legame tra Sant’Egidio e suo fratello e il grande lavoro della Comunità per il dialogo e il sostegno ai poveri in Pakistan.

Ai giovani, Paul Bhatti ha voluto raccontare come Shabaz, fin dall’età di tredici anni, fu colpito e indignato dalla povertà dei cristiani del suo paese: «Mio fratello – ha spiegato – sosteneva che venire incontro alle necessità dei deboli è responsabilità di tutti. Era quello che diceva papa Woytjla, quando affermava che ogni cristiano dovrebbe essere un politico perché la politica è mettersi al servizio degli altri, soprattutto dei poveri». Dopo l’attentato a Shabaz, Paul Bhatti aveva pensato di tagliare i ponti con il Pakistan «fino a quando – ha ricordato – non ho visto tutta quella gente commossa al suo funerale e ho compreso quanto bene aveva fatto. Allora mi sono ricordato di quello che mi diceva sempre: il coinvolgimento non è un’opzione, ma un dovere. Per tutti».

VIDEO INTERVISTA

Approfondimenti:

 Shahbaz Bhatti, un martire per la convivenza (Avvenire) 

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Scutari – singolare celebrazione per il centenario dell’Albania: i giovani festeggiano con gli anziani istituzionalizzati. Gratitudine e alleanza tra generazioni.

Il 28 novembre, l’Albania ha celebrato i cento anni di indipendenza con grandi festeggiamenti in tutto il Paese. In quest’occasione, la Comunità di Sant’Egidio di Scutari ha organizzato una festa, con balli, canti e tanta amicizia, nell’Istituto Comunale dove vivono 75 anziani e disabili. Da vari anni, infatti, è cresciuta l’amicizia della Comunità con gli ospiti di questa struttura che, in molti casi, hanno alle spalle storie di solitudine, di povertà e di abbandono molte volte dovuto all’emigrazione dei parenti più stretti in vari Paesi europei.

In un momento in cui si celebra il concetto di “patria”, la Comunità ha voluto testimoniare che nelle nostre città e in Albania deve esserci posto per tutti, anche per i più poveri e per le persone "dimenticate". Tanti anziani che vivono nell’Istituto, infatti, sentono il peso dell’abbandono e della solitudine; alcuni di loro non sono autosufficienti e passano le loro giornate a letto senza incontrare nessuno.

A cento anni dalla nascita dell’Albania indipendente, l’amicizia della Comunità con gli anziani, vuole essere un patto tra generazioni per sconfiggere la tendenza ad emarginare gli anziani e ad abbandonare chi è più debole. Si registrano infatti, sempre più spesso, aumenti del numero di anziani e disabili in attesa di un posto in istituto.

La Comunità, nell’ amicizia e nell’incontro ha voluto testimoniare agli anziani albanesi il rispetto e la gratitudine per tante storie ricche di anni vissuti in condizioni spesso difficili lungo i quali non si è mai spenta la speranza e la fede trasmessa, anche grazie a loro, alle nuove generazioni.

   
   

 

 

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DREAM, il sogno di Sant’Egidio: un’Africa guarita dall’AIDS

Il 1° dicembre scorso si è celebrata la Giornata Mondiale della lotta all’AIDS. Una lotta quanto mai attuale, da portare avanti con tenacia e vigore. Nonostante i progressi compiuti e il più sistematico utilizzo di farmaci antiretrovirali la pandemia resta una delle più frequenti cause di morte, in particolare nell’Africa subsahariana.
E’ dal 2002, proprio per rispondere a questo dramma, e per farlo lì, in Africa, dove esso maggiormente si manifesta, che la Comunità di Sant'Egidio ha ideato e messo in campo un programma sanitario ad hoc. Ovvero DREAM – Drug Resource Enhancement against AIDS and Malnutrition -, un modello di azione integrata secondo i migliori standard medici disponibili.
Sant’Egidio aveva allora sentito il dovere di raccogliere il silenzioso appello che si levava dai malati di tanti paesi africani, aveva inteso intervenire per garantire uno dei diritti umani più disattesi nei paesi in via di sviluppo, il diritto alla terapia.
Ecco dunque che – era il febbraio 2002 – un piccolo grande seme era piantato in Mozambico, a Machava (Maputo), il seme della cura dei malati di AIDS in terra africana, il seme della prevenzione della trasmissione verticale dell’HIV per salvare il futuro del continente. 
Quel seme ha dato molti frutti. DREAM è oggi attivo in dieci paesi africani, 225.000 malati sono assistiti in 38 centri, 22.500 bambini sono nati sani, senza che il virus passasse dal latte materno nel loro fragile organismo, oltre un milione e mezzo di persone beneficiano direttamente o indirettamente dei vantaggi del programma. Non solo i malati, ma anche chi è coinvolto nei programmi di educazione sanitaria, i beneficiari della supplementazione nutrizionale, delle misure di prevenzione contro la malaria, della distribuzione di filtri per l’acqua, etc..
In un recente, bel reportage pubblicato sul “Corriere della Sera”, intitolato “Pellegrinaggio in Malawi”, Ettore Mo descrive proprio l’azione portata avanti da Sant’Egidio in alcuni centri DREAM del paese: “Il grande ‘rifugio’ Facebooktwittermail

CONVEGNO ORTODOSSO-CATTOLICO A MOSCA – “LA CHIESA E I POVERI” IL 5 DICEMBRE A MOSCA

Il 5 dicembre a Mosca si terrà nella Sala convegni della Cattedrale del Cristo Salvatore il Convegno internazionale “La Chiesa e i poveri. Ortodossi e cattolici nel servizio della carità”, organizzato dal Dipartimento sinodale per la carità e il servizio sociale del Patriarcato di Mosca e dalla Comunità di Sant’Egidio, con la partecipazione del Dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca. Al Convegno interverranno tra gli altri il metropolita di Volokolamsk Ilarion, presidente del Dipartimento relazioni esterne, Mons. Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, il prof. Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, il vescovo di Smolensk e Vjazma Panteleimon, presidente dei Dipartimento per la carità, il vescovo di Gatčina Amvrosij, Rettore dell’Accademia teologica di San Pietroburgo.

Il convegno si iscrive nell’itinerario del trentennale rapporto di amicizia ecumenica e di cooperazione tra la Comunità di Sant’Egidio e la Chiesa ortodossa russa, che ha conosciuto numerose tappe significative. Uno degli aspetti di questi rapporti ha riguardato in modo particolare la carità. Infatti l’esperienza di servizio ai poveri di Sant’Egidio, fin dalla seconda metà degli anni Ottanta, è stata un sostegno a realtà ecclesiali ortodosse, che in Russia, Ucraina e Bielorussia, dopo il lungo inverno comunista, si impegnavano nella rinascita di attività di carità, proibite fino ad allora dalle leggi dei regimi. Si è trattato di un approccio, che si è rivelato particolarmente fecondo, perché ha intercettato esigenze pastorali e domande di autentica vita cristiana da parte di Chiese, che provavano a misurarsi con le sfide della società a partire dai settori più marginali di essa, senza però disporre di un bagaglio di esperienza e di sapienza cui attingere.

Dalla collaborazione e dal sostegno alle realtà ortodosse è derivato anche un impegno di riflessione culturale e spirituale sui temi connessi alla carità. Comune è la convinzione che, a fronte di una cultura contemporanea che favorisce l’emarginazione di coloro che sono deboli, sia sempre più necessario restituire centralità nel vissuto dei cristiani all’incontro con i poveri e alle loro domande, tanto più nel contesto di incertezza prodotto dalla complessità e insicurezza del mondo globalizzato.

Nell’ultimo decennio sono stati organizzati quattro convegni: a Terni nel 2002 e a Bari 2004 con la partecipazione dell’allora metropolita di Smolensk e Kaliningrad Kirill, attualmente patriarca di Mosca e di tutte le Russie, a Roma nel 2010 e 2011 con la partecipazione del metropolita di Minsk e Sluck Filaret, esarca patriarcale di tutta la Bielorussia. Frutto di tale impegno sono stati tre volumi curati da Marco Gnavi: Santità e carità tra Oriente e Occidente (Milano, Leonardo International, 2004), Carità. Parola antica per fare nuovo il tempo (Milano, Leonardo International, 2010), Vecchiaia. La benedizione nascosta (Milano, Francesco Mondadori 2012). In occasione del Convegno a Mosca è uscita la traduzione russa del volume Carità (San Pietroburgo, Aletejja, 2012).

PROGRAMMA

 

09.30

 

Intervento introduttivo di Panteleimon, Vescovo di Smolensk e Vjaz’ma, Presidente del Dipartimento sinodale per la carità e il servizio sociale

 

Messaggio di Sua Santità il patriarca di Mosca e di tutte le Russie Kirill

 

I sessione

Presiede: Adriano Roccucci, Comunità di Sant’Egidio, Professore di storia contemporanea presso l’Università Roma Tre

 

Panteleimon

Vescovo di Smolensk e Vjaz’ma, Presidente del Dipartimento sinodale per la carità e il servizio sociale

I fondamenti spirituali della carità

 

Marco Gnavi

Comunità di Sant’Egidio, Responsabile ufficio ecumenismo e dialogo della diocesi di Roma

La preghiera del povero

 

Oleg Vyšinskij

Professore presso la Facolta di Missiologia dell’Università ortodossa San Tichon

Fondamenti teologici del servizio sociale: aspetti cristologici ed ecclesiologici

 

Armand Puig i Tarrech

Preside della Facoltà teologica di Catalogna, biblista

Gesù amico dei poveri

 

Feodosij

Vescovo di Brovaryj, Vicario della metropolia di Kiev, Chiesa ortodossa ucraina

Cristo Salvatore: fratello umile degli umiliati

 

Innocenzo Gargano

Professore di Teologia trinitaria presso la Pontificia Università Urbaniana

La teoria e la prassi dell’elemosina nelle Sacre Scritture e nei Padri

 

Ore 12.00 Coffee Break

 

Ore 12.30 II sessione

Presiede: Panteleimon, Vescovo di Smolensk e Vjaz’ma, Presidente del Dipartimento sinodale per la carità e il servizio sociale

 

Vincenzo Paglia

Presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia

La carità e le sfide della modernità

 

Ilarion

Metropolita di Volokolamsk, Presidente del Dipartimento relazioni esterne del Patriarcato di Mosca Valori cristiani e carità

 

Marco Impagliazzo

Presidente della Comunità di Sant’Egidio, Professore di Storia contemporanea presso l’Università di Perugia per Stranieri

La cultura della gratuità nel tempo della globalizzazione

 

Amvrosij

Vescovo di Gatčina, Rettore dell’Accademia teologica di San Pietroburgo

La liturgia dopo la liturgia: il servizio ai poveri e ai miseri

 

Ore 14.00 pranzo

 

Ore 15.30 III sessione

 

Presiede: Dmitrij Smirnov, arciprete, presidente del Dipartimento per le relazioni con le Forze Armate del Patriarcato di Mosca

 

Gianni Colzani

Professore di Teologia della missione presso la Pontificia Università Urbaniana  

Per una teologia dell’amore dei poveri

 

Michail Potokin

Presidente della Commissione per l’attività sociale della eparchia di Mosca

Il servizio alla carità dell’eparchia di Mosca

 

Daniela Sironi

Responsabile della Comunità di Sant’Egidio in Piemonte

Amici dei poveri: l’esperienza della Comunità di Sant’Egidio

 

Aleksandr Stepanov

Presidente della Commissione per l’attività sociale della eparchia di San Pietroburgo

La continuazione della tradizione del servizio di carità di san Ioann di Kronštadt e della santa martire Elizaveta Fëdorovna nella Chiesa contemporanea

 

Tat’jana Zal’cman

Professoressa di servizi sociali presso la Facolta di Missiologia dell’Università ortodossa San Tichon

L’aiuto dei poveri ai poveri: aspetti particolari del servizio sociale nelle regioni disagiate della Federazione Russa

 

Adriano Roccucci

Comunità di Sant’Egidio, Professore di storia contemporanea presso l’Università Roma Tre

Martirio e amore dei poveri nel Novecento

 

Ore 18.00 Conclusioni: Panteleimon, Vescovo di Smolensk e Vjaz’ma, Presidente del Dipartimento sinodale per la carità e il servizio sociale

 

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Studenti di architettura a Torbellamonaca per una città più umana e solidale

Roma – Diventare architetti per progettare una città più a misura dell’umano. E’ questo che ha spinto un nutrito gruppo di studenti della facoltà di Architettura di Roma Tre al Laboratorio Museo di Arte Sperimentale de "Gli Amici" a Torbellamonaca della Comunità di Sant’Egidio.

La visita è stata accompagnata da alcuni membri di Sant’Egidio e dagli Amici disabili residenti nel quartiere, che hanno raccontato la loro esperienza di vita in periferia.

L’incontro ha gettato le basi per una futura collaborazione tra la Comunità di Sant’Egidio e gli aspiranti architetti per costruire insieme una periferia – e una città – più umana e solidale.

 

 

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iniziative pdm. varie università

link con intervista: http://www.radiosapienza.net/index.php?option=com_content&view=article&id=2294%3Aeventi-no-justice-without-life-no-alla-pena-di-morte&catid=17%3Aevetni&Itemid=31
 
Mercoledì 28 novembre l’ex-Caserma Sani, sede della Facoltà di Scienze politiche, Sociologia, Comunicazione, ha ospitato l’incontro "No Justice without Life. No alla pena di morte”, nell’ambito dell’iniziativa “Cities for Life” promossa dalla Comunità di Sant’Egidio. Vi hanno preso parte Antonello Biagini (Prorettore per la Cooperazione e i Rapporti internazionali), Raffaele Cadin (Docente di Diritto internazionale), Paola Marsocci (Docente di Diritto costituzionale) e Alessandro Moscetta (della Comunità di Sant’Egidio). In più, direttamente dagli USA, Bud Welch, membro dell’Associazione abolizionista parenti delle vittime.
Gli interventi – I due docenti hanno esposto un quadro sintetico sulla situazione legislativa attuale circa la pena di morte, che inevitabilmente chiama in causa questioni morali, ancor prima che giuridiche. Bud Welch, invece, ha portato la sua diretta testimonianza di padre che ha perso una figlia nell’attentato di Oklahoma City. L’autore dell’attentato è stato giustiziato nel 2001 e Welch, una volta intrapresa la strada del perdono, si è reso conto dell’inutilità e della barbarie di quella condanna capitale, che non avrebbe mai fatto giustizia né placato il suo dolore, così come quello dei familiari dell’assassino, in fondo vittime essi stessi. 
 
La pena di morte oggi nel mondo – La pena di morte è una realtà che coinvolge Paesi non solo arretrati in ambito giuridico e sociale, ma anche Paesi sviluppati, democratici, liberi e industrializzati: basti pensare agli Stati Uniti d’America e al Giappone. A questi se ne aggiungono altri 41, che prevedono e mettono in pratica esecuzioni, mentre sono 155 i Paesi che hanno abolito o non praticano di fatto la pena capitale. Nel 2011 l’Asia si è confermata il continente dove si pratica la quasi totalità delle esecuzioni (il 98,6%): l’80% del totale (circa 4000) solo in Cina. Il Dott. Alessandro Moscetta, della Comunità di S.Egidio, ha evidenziato un dato allarmante, su cui riflettere: i consensi popolari sulla pena di morte, in Giappone, superano l’80%. Altra questione importante rilevata è stata la componente "razziale" delle condanne a morte, che negli USA, come è stato più volte fatto notare, coinvolgono quasi sempre persone di colore, poveri, deboli o addirittura psicolabili.  
 
La Comunità di Sant’Egidio e "Cities for life" – La Comunità di Sant’Egidio nasce a Roma nel 1968 ed è l’"Associazione pubblica di laici della Chiesa", impegnata nella comunicazione del Vangelo, nella lotta all’AIDS in Africa, nell’abolizione della pena di morte nel mondo, nel servizio ai poveri. Le città che aderiscono al movimento "Cities for life" mettono a disposizione un monumento significativo e nel giorno 30 novembre lo illuminano con una luce nuova per sottolineare l’impegno della città e dei suoi cittadini per un mondo senza pena capitale.

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Domani Papa Benedetto XVI visita la casa famiglia “Viva gli anziani”. Ne parla Mario Marazziti a Radio Vaticana

La notizia è di quelle che riempiono di gioia: domani lunedì 12 novembre, papa Benedetto XVI si recherà in visita alla casa "Viva gli anziani", una della case per gli anziani della Comunità di Sant’Egidio, per incontrare gli anziani, visitare la loro casa, parlare con i giovani che, in maniera volontaria e gratuita, si prendono cura di loro.

E’ la terza volta che il papa visita la Comunità di Sant’Egidio a Roma. La prima volta fu nel 2008, in occasione del Quarantesimo della Comunità, quando si recò alla basilica di San Bartolomeo, luogo memoriale dei martiri e testimoni della fede del XX e XXI secolo. Il papa presiedette la Preghiera della Comunità. LA NEWS 

L’anno dopo, il 27 dicembre 2009, nella festa della Scra Famiglia, Benedetto XVI si reca alla mensa per i poveri della Comunità, in Via Dandolo, a Roma, e condivide il pranzo con i poveri amici della Comunità, fermandosi a parlare con loro: sono rifugiati, persone senza casa, anziani. Infine consegna i regali natalizi ai bambini, molti dei quali sono rom. 

Domani il papa, con la sua visita alla casa famiglia "Viva gli Anziani", offre un segno di incoraggiamento a chi è anziano, ma anche a quanti, come la Comunità di Sant’Egidio, si impegnano affinchè l’allungamento della vita non sia una condanna alla solitudine e all’irrilevanza, ma diventi, nella cornice dell’amicizia e dell’accoglienza della comunità cristiana, una vera benedizione.

Sulla visita di domani, Radio Vaticana ha intervistato Mario Marazziti. Riportiamo i tratti salienti della sua intervista.

 

Lucia Fiore (Radio Vaticana) Come state attendendo la visita del Papa?

R. – Lo attendiamo felici e sapendo che lui sceglie di lanciare un importante messaggio al mondo su un tema decisivo, in un mondo dove l’invecchiamento è una conquista, dove l’età si allunga, dove il mondo contemporaneo, però, ha poche risposte. Io credo che la sua saggezza, la sua umanità, il suo senso evangelico utilizzerà questa occasione per noi, per un’occasione di famiglia, ma sarà sempre un grande messaggio per il mondo.

D. – Che attenzione c’è per queste tematiche?

R. – Il mondo occidentale vede gli anni in più come una grande conquista. Tutti vogliono vivere di più, ma poi non c’è una risposta sulla qualità della vita, sul senso della vita, su come utilizzare questa grande occasione, quasi che una benedizione rischi di diventare una maledizione. E’ una società totalmente contraddittoria: il culto della giovinezza, rimanere giovani ed eterni fino a 100 anni e più, ma poi quando compaiono i problemi e l’età anziana vera, non si sa cosa fare. Credo, quindi, che in un Paese come l’Italia, in Europa, dove noi abbiamo praticamente – a parte il Giappone – l’allungamento della vita più consistente della storia umana, noi sentiamo che manca attenzione a questo tema, anzi gli anziani oggi sono sentiti quasi come un peso. In una società in crisi economica crea quasi una finta conflittualità, e la fa diventare vera, tra giovani generazioni e anziani, quasi che gli anziani rubassero i posti di lavoro ai giovani, mentre sono gli anziani che hanno creato il benessere di cui i giovani oggi possono godere. Credo, allora, che con il Papa noi potremmo offrire delle alternative, delle proposte, degli esempi. Abbiamo proprio in questa casa, al Gianicolo, a Roma – un posto bellissimo – la prima dimostrazione per gli anziani della bellezza e della possibilità di vivere bene, anche quando si è scarsamente autosufficienti; poi una serie di servizi innovativi che mostrano dei modelli anche ad una grande città come Roma e alle grandi città occidentali. Quindi, sono anche proposte concrete per rivedere il nostro stato del welfare.

D. – Cosa chiedono gli anziani?

R. – Gli anziani chiedono di essere pensati e trattati come persone, chiedono silenziosamente a volte di contare per qualcuno, chiedono di non essere lasciati soli. L’isolamento oggi è, praticamente, la concausa di morte più grave di grandi malattie acute e crea più morti anticipate anche di gravi patologie con cui gli anziani convivono. Quindi gli anziani chiedono dignità, chiedono di essere presi sul serio, di non essere fatti vergognare del fatto di avere bisogno di qualcun altro per vivere meglio. Gli anziani ci ricordano in realtà che tutti dipendiamo da qualcuno in un mondo in cui si vende il mito dell’autosufficienza, dell’indipendenza, dell’individualismo come se fosse un bene assoluto. In realtà, solo in misura diversa, mostrano la nostra vulnerabilità, il bisogno di vivere insieme. Gli anziani, dunque, mentre chiedono, sono paradossalmente una risposta anche ai nostri modelli di vita in crisi. Se noi riusciamo a costruire una vita dove gli anziani possono vivere bene e insieme a noi, non essere lasciati soli con le loro difficoltà in più, questo mondo, queste città diventano più vivibili per tutti.

PER APPROFONDIRE:

Benedetto XVI e la Comunità di Sant’Egidio. Incontri, udienze e messaggi >

Un Video-Dossier sul canale Youtube: "La Comunità di Sant’Egidio e gli anziani" >


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Pakistan – Il frutto dello spirito di Assisi e della testimonianza di Shahbaz Bhatti

La visita in Pakistan del presidente della Comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo, si è svolta all’insegna tanto della fraternità quanto del dialogo. Non è stata soltanto incontro con le famiglie pakistane di Sant’Egidio, bensì pure confronto amico e profondo con le realtà religiose di un paese plurale, in grande maggioranza musulmano, certamente, ma anche casa di significative minoranze, cristiane e non solo. 

Al contrario di quanto potrebbe sembrare a uno sguardo superficiale il Pakistan è un paese complesso, in cui le correnti estremiste, pur innegabilmente presenti, sono contrastate da un Islam da secoli abituato alla convivenza con l’Altro. Il subcontinente indiano è anche questo, infatti: un immenso crocevia di culture e di idee nel quale la tolleranza, il rapporto proficuo tra diversi, la comune tensione verso l’Assoluto, si rivelano tanto spesso più forti della tentazione a dividersi, a farsi avversari.

Tanto più in questi ultimi anni. Il Pakistan è forse uno dei paesi in cui lo spirito di Assisi e il paziente lavoro della Comunità hanno seminato più frutti. Ed è il paese in cui la testimonianza fino all’effusione del sangue di Shahbaz Bhatti ha aperto varchi prima impensabili nell’Islam più avvertito e più spirituale.

Ecco allora che la delegazione della Comunità è stata ricevuta dall'imam Abdul Kabir Azad, che guida la moschea più antica del Punjab. Azad, che da anni partecipa agli incontri di preghiera per la pace organizzati da Sant’Egidio, si è fatto promotore di un importante momento interreligioso cui hanno partecipato, insieme alla Comunità, il vescovo cattolico, quello anglicano, e rappresentanti di diverse correnti islamiche sunnite e sciite, oltre a sikh e indù. Ed ecco che a Islamabad, presso la Grande Moschea Faisal, su invito della locale Università Islamica, Marco Impagliazzo ha tenuto una conferenza sul tema "Il dialogo tra le religioni e la pace", cui hanno preso parte numerosi studiosi musulmani. Ecco, infine, la notizia appena pubblicata sul blog di Città per la vita, "una donna cristiana salvata dall'accusa di blasfemia grazie alla collaborazione tra leader musulmani e attivisti cristiani".

Certo, non tutto è facile. Certo, rimangono enormi problemi per i cristiani pakistani. E la violenza tenta ed avvelena le coscienze. Ma davvero la testimonianza di uomini di pace, in dialogo con i loro fratelli musulmani, tocca i cuori, apre a nuovi orizzonti. 

Davvero il sogno di Bhatti, quello di un Pakistan senza discriminazioni, dove fedeli di tutte le religioni potessero godere di pari diritti e di pari opportunità per il progresso del paese, è più vicino a divenire realtà. Davvero, come ha detto il fratello Paul a Roma, alla presenza di papa Francesco, la scorsa Pentecoste, “la vita e la fede di Shabaz hanno dato frutto. La sua fede ha superato le montagne di divisione tanto alte nel mio paese. Ha seminato un amore più alto di quelle montagne”. E pian piano si comincia a vedere il raccolto.

 

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Nell’amicizia è la vera sicurezza, che non cede agli anni ne’ al terremoto.

Fontecchio è a pochi chilometri da L’Aquila, in una zona ancora fortemente segnata dal terribile terremoto che ha sconvolto la popolazione nell’aprile del 2009. Qui, ventisei anni fa, seguendo il filo di un legame familiare, alcuni della Comunità di Sant’Egidio hanno iniziato a visitare gli anziani della casa di riposo S. Maria della Pace e nella vicina R.S.A..

Un legame che non si è corroso con gli anni. Anzi, quando il terremoto ha lasciato tanti senza casa e molti anziani sono stati ospitati nelle due case di riposo di Fontecchio, la Comunità di Sant’Egidio ha intensificato la sua presenza nell’istituto. Sono arrivati i giovani per la pace, che con i loro canti e la loro musica hanno aiutato gli anziani a reagire allo choc della perdita di case e affetti.

Ma la gioia più grande per molti di loro è arrivata il 3 novembre, con la visita di un caro amico di lunga data, conosciuto giovane prete ed oggi  vescovo ausiliare di Roma: mons. Matteo Zuppi, che, dopo aver celebrato la liturgia, ha voluto incontrare i suoi amici uno per uno.

Tante ferite” ha detto il Vescovo durante l’omelia, “hanno bisogno di tempo per essere rimarginate ma io, venendo qui, ho capito di più il senso della speranza. Cosa ci dà sicurezza? Cosa non ci delude? Ciò che ci dà sicurezza lo troviamo stando insieme e stando con Gesù. E’ lui la compagnia; è il suo amore che ci dà speranza”.

 

 

 

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Conakry, Repubblica di Guinea – Il programma DREAM lotta anche contro Ebola

Sul sito www.dream.santegidio.org, l’ultima pagina pubblicata si sofferma sull’impegno che il progetto DREAM, nato per affrontare la pandemia di AIDS in Africa, sta rivolgendo ora anche contro la diffusione del virus Ebola, in particolare nella Repubblica di Guinea.
Il contagio di Ebola è purtroppo in piena espansione in Africa Occidentale. Dallo scorso marzo ad oggi si contano circa 7000 contagiati e più di 3000 morti tra Guinea, Sierra Leone e Liberia. 
Nella Repubblica di Guinea, in specie a Conakry, a Dobreka e Fassia, DREAM si è trovata a fronteggiare una grave emergenza. Il panico è grande, si diffida di tutti, si ha paura di avvicinarsi alle strutture sanitarie. 
DREAM ha perciò potenziato le misure di prevenzione (lavaggio delle mani con acqua clorata, guanti, mascherine etc., per i prelievi e per il laboratorio di analisi) per proteggere sia il personale che i pazienti, e si è contattato chi non veniva più agli appuntamenti. E’ pure iniziata una campagna di educazione sanitaria e di sensibilizzazione sulle vie di trasmissione del virus Ebola e sulle opportune misure di prevenzione. 
E’ importante che in questo momento così grave i centri DREAM continuino ad essere un riferimento, che lo siano in particolare per quanti hanno paura, sono confusi e non sanno cosa fare. .
Del resto il Programma è stato inserito nei protocolli di sorveglianza epidemiologica in tre prefetture della Guinea. DREAM effettuerà screening per i malati di AIDS e le loro famiglie, monitorando chi ha avuto contatti con un malato di Ebola o chi presenta sintomi riconducibili alla malattia.

 

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